Verso la mezzanotte di domenica 11 luglio è riesplosa in Italia l’euforia per una vittoria sofferta ma sicuramente meritata da parte della nostra nazionale in una competizione come quella degli Europei seguita da più di venti milioni di telespettatori.
Dopo un primo tempo di grande sofferenza davanti alla squadra italiana che sembrava non riuscire più a costruire gioco, la nostra nazionale, pur correndo diversi rischi, è venuta fuori nella seconda parte della gara e si è aggiudicata meritatamente il trofeo.
Sul piano sportivo è stata sicuramente un’impresa dovuta ad un lavoro davvero apprezzabile del commissario tecnico Mancini, di tutto lo staff azzurro ed ovviamente di una squadra che, inizialmente senza grandi giocatori di spicco, ha saputo costruire un gioco fatto di azioni e fraseggi intelligenti che hanno avuto la meglio anche su squadre molto blasonate.
È stato il trionfo di un gruppo di tecnici e calciatori che ha entusiasmato gli italiani e li ha portati a vivere dei lampi di gioia in un momento difficile purtroppo ancora attraversato dalla pandemia.
Il calcio e quindi anche il tifo sono parte della vita di una comunità che vive questo sport praticandolo o seguendolo a livello di clubs come nella propria nazionale; è sicuramente bello allora questo entusiasmo che si è allargato dalle abitazioni private nelle piazze di tutto il Paese.
Con un intervento molto responsabile il ministero dell’Interno aveva impedito inizialmente per ragioni di sicurezza legate alla pandemia il giro della coppa nel Circo Massimo su un pullman scoperto; successivamente è stato autorizzato lunedì pomeriggio solo il saluto della squadra con la coppa in un tour nella capitale e la decisione non ha certo mancato di suscitare un qualche sconcerto nell’opinione pubblica.
Portiamo dunque a casa con questa vittoria delle emozioni che mancavano da quindici anni quando l’Italia il 9 luglio del 2006 si affermò nei mondiali di calcio sulla Francia sempre ai rigori nello stadio di Berlino.
Bello pertanto vedere un popolo entusiasta per i propri beniamini ed accoglierli al loro rientro con tanto fervore e meritata riconoscenza!
Siamo campioni europei di calcio e sicuramente la festa esplosa in tutte le maggiori città italiane ci sta ed è pienamente comprensibile.
Ciò che ci sentiamo di sottolineare in ogni caso è che il calcio abbia nell’attenzione della popolazione il ruolo e la funzione che gli è propria e che non diventi un idolo capace di avere l’interesse esclusivo di una popolazione incapace di vederne anche aspetti negativi che gli ruotano intorno.
Il calcio, la sua pratica e il tifo sportivo sono una cosa utile e piacevole purché non vengano ridotti, come spesso accade, a sistemi di distrazione di massa per una popolazione che dovrebbe vivere in maniera responsabile ed attiva tutti i momenti e gli aspetti della vita collettiva.
Le riprese televisive della finale intanto ci hanno posto davanti all’irresponsabilità di far giocare la partita a Wembley con più di sessantamila spettatori quasi tutti senza le protezioni anti Covid come le mascherine in un Paese dove la variante Delta del Covid sta suscitando notevoli preoccupazioni.
La UEFA quindi farebbe bene a decidere il luogo e le modalità di svolgimento di una finale di calcio tenendo presenti tutte le esigenze di protezione della salute di calciatori e tifosi.
È stata una finale che non doveva, per ovvie ragioni di ricerca di una sede neutrale, essere giocata a Londra lungo le cui strade abbiamo assistito ad assembramenti e disordini senza alcuna limitazione alla distribuzione di bevande alcoliche.
Anche in Italia non sono mancati episodi di teppismo in qualche città come Milano dove ci sono stati anche feriti.
Non vorremmo in particolar modo che si marginalizzassero alcuni episodi avvenuti domenica a Londra fuori e dentro lo stadio.
Intanto tifosi italiani sono stati aggrediti nelle strade della città da soggetti che definire tifosi o sportivi sarebbe davvero impossibile.
Educare allora la gente al rispetto dell’altro e ad un comportamento responsabile è compito delle strutture sportive nazionali ed internazionali così come è un dovere delle forze di polizia il controllo preventivo delle strade della città in cui si svolgono le manifestazioni.
Credo sia mancato completamente il senso sportivo nel pubblico inglese che in città ha bruciato bandiere tricolori ed allo stadio ha fischiato ripetutamente durante l’esecuzione dell’Inno di Mameli.
Riprovevole ancora l’atteggiamento dei calciatori inglesi che, ricevuta la medaglia del secondo posto, se la sono subito sfilata dal collo in segno di spregio.
È stato un gesto di grande mancanza di rispetto per il responso del campo e per il risultato ottenuto dagli avversari, ma anche per le regole calcistiche da essi accettate partecipando al torneo.
Che dire poi di due squadre che ad inizio gara si inginocchiano per testimoniare la loro avversità ad ogni forma di razzismo nel silenzio rispettoso del pubblico mentre a fine gara la tifoseria inglese si scatena in cori razzisti verso i propri calciatori di colore che sbagliano il rigore?
Si tratta di episodi che hanno posto in evidenza una frustrazione che molto spesso emerge sugli spalti e nello stesso campo di gioco.
Sono le contraddizioni di una serata che ha concluso uno dei tornei più importanti al mondo e che dimostrano come i clubs e le strutture calcistiche internazionali abbiano la necessità di educare le tifoserie ad un senso dello sport capace d’impedire eventi riprovevoli come quelli citati.
Boris Johnson e la stessa Federazione Calcistica Inglese si sono limitati a condannare i cori razzisti contro Rashford, Sancho e Saka, i tre calciatori che hanno fallito i rigori, ma non abbiamo sentito alcuna riprovazione per le bandiere italiane bruciate, per i fischi all’Inno di Mameli e per il grave episodio dei calciatori inglesi che in pratica con un gesto molto plateale ed irrispettoso hanno rifiutato la medaglia del secondo posto.
Sono riflessioni che ovviamente non hanno alcuna finalità di natura polemica, ma che ci auguriamo servano solo a migliorare la qualità e l’immagine di uno sport molto amato come il calcio.
(Umberto Berardo)