Anna Fallarino, la sannita “a luci rosse”

Una storia che ha calamitato attenzioni morbose agli inizi degli anni Settanta, in un’Italia ancora fortemente beghina, che affrontava le spinte alla modernizzazione, le rivolte giovanili, il terrorismo.

Protagonista della vicenda una bellissima ragazza sannita dai tratti fortemente mediterranei, Anna Fallarino. Nata nel 1929 ad Amorosi, in provincia di Benevento, tremila abitanti, sulla sponda sinistra del fiume Volturno e sulla destra del fiume Calore Irpino, era figlia di Ernesto, impiegato alle poste, e di Amelia, casalinga con diploma da maestra, di origini calabresi (scapperà con un amante quando la figlia ha solo tre anni).

Sin da ragazza, Anna era intenzionata a lasciare il paese, di cui mal tollerava la diffusa mentalità di provincia e soprattutto intendeva riscattarsi da una condizione sociale umile e con scarse prospettive.

Ad appena 16 anni, la ragazza lasciò il Sannio con direzione Roma, decisa in particolare ad entrare nel mondo del cinema.

Ma la sua brevissima carriera cinematografica si aprì e si chiuse con una comparsata nella parte finale di “Totò Tarzan”: è la ragazza “rana” a cui il comico napoletano chiede di “andare a fare un girino”.

In modo più pragmatico, Anna accettò quindi un lavoro di commessa in un negozio della Capitale. Qui sarà notata da un ricco ingegnere, Giuseppe “Peppino” Drommi (poi consorte di Patrizia De Blanck), che non ci pensò due volte e la sposò, introducendola negli ambienti della Roma mondana reduci dai fasti della Dolce Vita.

In questi ambienti incentrati sul lusso e sull’edonismo, la ragazza sannita ha conosciuto una sera a Cannes, nel 1958. il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, erede di una delle più ricche famiglie lombarde (sono i proprietari della villa di Arcore che poi finirà a Berlusconi), con un patrimonio stimato all’epoca in oltre 400 miliardi di lire.

La circostanza dell’incontro resta legata alla leggenda. Durante una serata mondana, un noto playboy, dopo aver a lungo corteggiato Anna Fallarino, le posa una mano sulla spalla nuda. Il marito “Peppino” Drommi interviene e gli sferra un pugno. Quando il playboy lo colpisce a sua volta, il marchese Casati Stampa si scaglia contro il molestatore tempestandolo di pugni. Da lì si scatena un’immensa rissa che coinvolge tutti i presenti.

Camillo, chiamato fin dall’infanzia Camillino, era nato a Roma l’8 gennaio 1927. Sua madre, Anna Ewing Cockrell, era la figlia di un senatore americano. Suo padre, il marchese Camillo (2 novembre 1877-18 settembre 1946), era separato da anni dalla moglie Luisa Amman, dalla quale aveva avuto una figlia, Cristina. La Amman era una donna dai costumi molto liberi, tra i suoi amanti occasionali ci sarà anche l’immancabile Gabriele d’Annunzio. A seguito della separazione, nel 1914, Camillo si trasferì a Roma dove conobbe Anna Ewing Cockrell, vedova di un diplomatico greco, che andrà a vivere con lui nello splendido Palazzo Barberini. Così viene al mondo “Camillino”.

Sarà proprio lui ad invaghirsi della prosperosa bellezza meridionale, diventandone l’amante. Anna lavorò bene per conquistare quest’uomo tanto ambito per i suoi infiniti soldi, stringendo amicizia con la moglie del marchese, l’ex ballerina Letizia Izzo, in arte Lidia Holt (morirà poi prematuramente di cancro), finendo nel letto del marito.

Il nobile arrivò a pagare circa un miliardo di lire al Tribunale della Sacra Rota per ottenere l’annullamento del precedente matrimonio e per poter sposare la nuova fiamma con rito sia civile sia religioso. E’ il 1959.

Quell’umile ragazza di provincia, Anna Fallarino, è diventata la marchesa Casati Stampa. Ma la coppia non ha una vita ordinaria solo per frequentazioni degli ambienti più ricchi: saranno ben altre frequentazione a portarla alla rovina.

Si racconta che appena dopo il matrimonio cominciò la lunga serie di perversioni sessuali: la neo sposa stava sotto la doccia nel bagno della camera d’albergo quando il marito le presentò un bel ragazzo nudo affinché gli si concedesse davanti ai suoi occhi. Lei accettò e fu solo l’inizio.

Il marchese, di cui si ipotizzerà poi anche l’impotenza, pagava abitualmente ogni sorta di ragazzi, in particolare operai e militari (ma anche incontri occasionali) per coinvolgerli in giochi erotici e festini a luci rosse con la moglie. Lui s’accontentava di guarda e, al limite, di fotografare. Oltre 1.500 le immagini accumulate in breve tempo nel suo archivio. Non mancavano anche appunti, tipo: “Oggi Anna mi ha fatto impazzire di piacere. Ha fatto l’amore con un soldatino in modo così efficace che da lontano anche io ho partecipato alla sua gioia. Mi è costato trentamila lire, ma ne è valsa la pena”. O ancora: “Al mare con Anna ho inventato un nuovo gioco. L’ho fatta rotolare sulla sabbia, poi ho chiamato due avieri per farle togliere i granelli dalla pelle con la lingua”.

Questo menage familiare all’insegna del “famolo strano” è andato avanti per un bel po’, anche in spiagge per nudisti, finché l’ormai quarantenne Anna ha conosciuto il venticinquenne Massimo Minorenti, proprio grazie al marito. Questo studente fuori corso di scienze politiche era un vero e proprio esperto di intrattenimenti con signore più grandi. Era già noto alle cronache mondane per una presunta relazione con Lola Falana. Sembra fosse anche impegnato politicamente a destra.

Fatto sta, che nacque l’amore vero. Ciò che il marchese ha sempre detto di detestare.

L’umore di “Camillino” è sempre più nero. Nel suo diario, alla data del 7 luglio 1970, parlando della moglie, scriveva trattarsi della “più grande delusione della mia vita, vorrei essere morto e sepolto. Che schifo, piccineria, voltastomaco quello che mi ha fatto Anna. Pensavo che fossimo l’unica coppia legata veramente, e invece…”. Il 24 agosto, a meno di una settimana dalla strage: “Sto letteralmente morendo internamente e ho perso tutto”.

Il 30 agosto 1970 il marchese venne a sapere dell’ennesimo incontro furtivo della moglie con il giovane nella splendida abitazione di via Puccini, civico 9, a Roma, quartiere Parioli. Si precipitò nella Capitale dalla veneta Valdagno, dove era stato invitato per una battuta di caccia presso la tenuta dei conti Marzotto. Era certo della presenza del Minorenti in quanto aveva fatto una telefonata alle 4 del mattino e proprio il giovane aveva risposto al telefono.

Ordinò ai cinque domestici di non disturbarlo in stanza, qualsiasi cosa accada.

Accecato dalla gelosia, scaricò addosso ad Anna due colpi dal suo fucile Browing calibro 12, uccidendola. Quindi toccò al giovane Minorenti, che aveva cercato riparo dietro ad un tavolo afferrato, freddato da un solo colpo alla testa. Quindi sparò un altro colpo di rabbia alla moglie. Infine rivolse l’arma contro di sé e fece fuoco.

La servitù, allarmata dagli spari ma senza entrare nella stanza, telefonò alla polizia, In un’intervista a L’Europeo, l’agente Domenico Scali ricorda: “Il primo corpo che vidi fu quello di Anna Fallarino. Mi sembrò ancora viva. Era seduta sul divano con le gambe incrociate sopra uno sgabello. Aveva le mani in grembo e il volto sereno. La nota stonata era una macchia scura di sangue sulla camicetta. Vicino a lei, accanto al divano, c’era il giovane Minorenti. Giaceva mezzo raggomitolato per terra, con indosso una maglietta leggera e dei pantaloni, seminascosto da un tavolino con cui aveva tentato a quanto pare un’estrema difesa. Avanzai e vidi anche il terzo corpo, quello del marchese. Non era un bello spettacolo, con la testa mezza sfigurata dal colpo di fucile. L’arma, un Browning calibro 12, giaceva abbandonata su una poltrona. Doveva aver usato quella poltrona per puntarsi il fucile sotto il mento”.

Dal momento che il sangue di Anna è mischiato ad una sostanza bianca, si scopre che la donna ha fatto uso di chirurgia estetica: una delle prime a farsi inserire le protesi di silicone nel seno.

Tante le proprietà lasciate in eredità dal marchese, dall’abitazione di Roma Parioli a Palazzo Stampa di via Soncino in Milano, poi residenze sparse nel milanese: Arcore, Cinisello Balsamo, Cusago, Muggiò, Usmate Velate. Quest’ultima residenza, già Giulini Della Porta (ora Villa San Martino), è di proprietà di Silvio Berlusconi dal 1974. Anna Maria Casati Stampa di Soncino (nata nel 1952 dalla prima moglie, la ballerina Letizia Izzo) ha sposato il conte Pierdonato Donà dalle Rose nel 1972.

La vicenda ha avuto ovviamente ampia risonanza sia per la morbosità della vicenda e per la notorietà dei personaggi coinvolti, sia per l’impatto su un’Italia che cercava di voltare pagina rispetto ad una tradizione bacchettona. Anna Fallarino in Casati Stampa, paradossalmente, ha iscritto il proprio nome dei libri di storia del costume grazie alla sua sfrontatezza.

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