Aggravanti mediatiche



In questa continua saga di omicidi eccellenti, che come in un eterno “Sereno Variabile” fa emergere gli angoli più sconosciuti – e a volte raccapriccianti – dello Stivale (dalle isolate montagne valdostane e dall’ubertosa provincia lombarda fino alle profondità più estreme della Puglia), sarebbe ormai il caso di creare un corto circuito – casomai con la potenza della fantasia – per evitare la reiterata e stancante appendice di ogni fatto criminale. Specie per quelli dalla rilevante appetibilità in fatto di morbosità divulgativa.
Ci sono costanti che spingono un evento reale e drammatico verso il territorio delle fiction, dell’illusione romanzesca, dell’intangibilità. Ad esempio, il perseverante stazionamento degli inviati televisivi sull’uscio delle abitazioni appartenenti ai già provati parenti delle vittime (giornalisti, a onor del vero, irreali, perché immunizzati ai turni con qualsiasi supplizio meteorologico come in un film di androidi). Ma anche l’ossessiva riproposta delle medesime immagini della vittima, immortalata – quasi sempre vestita di rosa – in un giorno spensierato di festa per la comunione di una cugina o per il matrimonio di uno zio. O ancora il via-vai di villeggianti da weekend nei luoghi del crimine, l’ingombrante e angustiante presenza di criminologi-pontificatori nei salotti televisivi o l’alacre industria dei modellini riproducenti in scala gli ambienti del reato. E’ l’eterna profanazione, in nome di un finto giornalismo, di chi ha già subito una terribile sorte.
Sarebbe quindi ora che qualche buon giurista varasse – per omicidi ad evidente rischio di share televisivo elevato – un’aggravante da “tormento mediatico”. E che, nel contempo, si attivasse una campagna di “educazione all’omicidio” per prevenire il vigore dei nuovi tormentoni.
Insomma, cari presunti assassini, basta con i bambini, con le ragazzine particolarmente precoci, con le studentesse dall’esistenza anarcoide. Meglio la classica vecchietta in nuda proprietà che nessuno più si fila. E basta con gli ambienti più complicati, le villette con sottoscala, mansarda e giardino, i poderi e le masserie dalle tante botole, perché poi i plastici ci costano un occhio della testa: davvero un monolocale non riesce ad accendere mai istinti omicidi? E ancora: possibile che con la continua cementificazione del Nord, questi assassini riescano a trovare le ultime “boscaglie inaccessibili”? Ma che sono tutti iscritti a Legambiente? E basta soprattutto con vittime che hanno una pletora di parenti ignoranti e obesi, sempre un contro l’altro armati. Perché quasi sempre le estenuanti appendici da teleschermi ultrapiatti raggiungono gradi di afflizione ben superiori ai particolari del misfatto stesso.

(Giampiero Castellotti – 27 febbraio 2011)

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