Le ossa di Veltroni (l’Africano)



Scipione l’Africano, che pure aveva avuto una vita di trionfi tra decori in salsa spagnola e gloriose guerre puniche, uscì di scena miseramente. Con una celebre frase “Ingrata patria non avrai le mie ossa” (che infatti, benché malferme, condusse nella sua villa a Liternum, luogo – ironia della sorte – oggi celebre per gli africani che raccolgono pomodori).
Walter, l’aspirante Africano, rischia invece di consegnarle all’ingrata patria, di cui è stato anche ministro per i beni culturali, le ossa già provate da una filiera di sonore mazzate elettorali: cinque randellate su cinque.
Nell’ordine: l’ecatombe alle politiche (Senato compreso), con Silvio al governo e lui al governo-ombra; la tortorata alle amministrative romane con ombre rumene, insieme alle batoste in Friuli-Venezia Giulia, a Foggia e Brescia; le otto legnate alle provinciali siciliane di giugno 2008 (cappotto del centrodestra, otto su otto, strappando Caltanissetta, Enna e Siracusa); la chiodata abruzzese; il fresco paliatone isolano. Roba che nemmeno al teatrino di Pulcinella si registrano tante randellate. E, all’orizzonte, più minaccia che opportunità, si avvicina l’eurovisione.
Veltroni, che nel curriculum – a proposito di batoste – ha anche il minimo storico dei Ds con il 16,6% dei voti alle politiche del 2001 quando ne era segretario nonché la fresca sconfitta dei suoi candidati alle primarie di Firenze e Prato, sembra aver finalmente capito l’antifona e ha alzato “pacatamente” bandiera bianca. Ha buttato lì le dimissioni, forse davvero, ormai sfinito, con un pensiero all’Africa. Ma siccome il Pd è un’alchimia indecifrabile dove il masochismo è ciò che rimane del dna di sinistra, il vertice di partito le ha naturalmente respinte. Facciamoci del male, direbbe il guru Nanni. Nemmeno più il cinematografaro, quello che piace tanto all’ex sindaco, ma quello dello stracchino.
Poi, però, il colpo di scena: Veltroni non ci sta e le dimissioni sono irrevocabili. Nerbo da Scipione, insomma.
Anche perché intorno alla poltrona dissestata di Veltroni c’è ormai un accerchiamento di candidati. Onestamente, nessuno con un carisma da sovrano illuminato. Più da governante democristiano.
Mentre gli avvoltoi sono a caccia di ossa, Walter, come un po’ Scipione, è la vittima sacrificale dei Palazzi romani. Berlusconi, con i suoi elefanti dalla pelle dura, dimostra di essere superiore persino ad Annibale. Lo stesso generale romano vittorioso a Zama, tra i migliori strateghi della storia, avrebbe avuto vita difficile contro un cavaliere vittorioso in tutta Italia. Mentre lui, il Walter, tutt’al più ha a che fare con Tonino Di Pietro dalla coccia tosta. Più problema che risorsa. Insomma, una situazione che pare davvero senza via d’uscita. E allora dimissioni.
Ma un congresso, per quanto anticipato, non può trasformarsi certo in una palestra per seguaci del terapeutico Tai Chi Chuan. Che almeno farebbe tanto bene alle ossa.

(Giampiero Castellotti – febbraio 2009)
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