Disunione contro Unione (Le amministrative a Roma)



Se venissero eletti in ordine alfabetico, il centrodestra non avrebbe problemi. Per la carica di sindaco di Roma, dopo i dolorosi cambi di serratura nei palazzi della Regione ed il trasloco di condominio istituzionale da parte di Francesco Storace, sta infatti schierando Alemanno (An), Antoniozzi (Fi) e Baccini (Udc). Contro il granitico e plurifunzionale Walter Veltroni. Ma siccome i cognomi non costituiscono un fattore per vincere le elezioni (ma neanche i nomi, come c’insegna l’immortale “Vota Antonio” del principe della risata), la pericolante Casa delle libertà, per evitare la riconferma – decisamente scontata – del sindaco buonista della Capitale, la sta buttando sulla spietatezza. Cercando di attuare due mefistofeliche strategie: una quantitativa, cioè “tutti contro uno”; l’altra qualitativa, tesa ad evidenziare i confini tra tutti gli schieramenti e soprattutto a radicalizzare lo scontro. Con il fine di sottrarre non tanto improbabili consensi a sinistra ma soprattutto frange di titubanti. Che significa, in termini elettorali, alleviare il macigno degli astenuti. Insomma: a mali estremi, forti rimedi. Non a caso è lo slogan del candidato azzurro. Il centrodestra punta quindi ad offrire più opzioni agli elettori, nella speranza che ogni candidato antiveltroniano possa pescare “residui” di indecisi nei settori più congeniali alla propria storia politica (la “destra sociale” per Alemanno, il mondo produttivo per Antoniozzi, l’area cattolica per Baccini). L’eventuale ballottaggio sarà riservato a chi di loro riceverà più consensi. Disunione contro Unione. E vinca l’alchimia meno peggiore. La diversificazione della Casa delle libertà, però, denota la mancanza di un candidato unico in grado, soltanto con le proprie forze, di affrontare la corazzata veltroniana. Rischiando, alla stregua di un kamikaze giapponese, anche il suicidio. Come fecero, nel Mugello, due giornalisti di razza come Curzi e Ferrara contro Di Pietro. E’ chiaro che l’escamotage della scelta “disunita”, o meglio “disgiunta”, evidenzia la crisi, soprattutto di risorse umane, che sta attanagliando il centrodestra e, brutalmente, l’evidente paura di perdere i prossimi confronti elettorali. Una strategia che, guarda caso, presenta forti analogie con il tridente adottato a livello nazionale: Berlusconi, Casini e Fini contro Prodi. L’ordine alfabetico, anche qui, offre garanzie al centrodestra. Ma, nel segreto delle urne, l’unica certezza è che non sarà determinante.

(Giampiero Castellotti)

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