Quanti ci costa il signor B.



Viaggiando spesso, mi capita di rimanere tagliato fuori dal flusso di notizie dalla madrepatria. Così al ritorno, quando mi prende la smania di aggiornarmi, è un po’ come se il tempo si comprimesse in un blob multimediale in versione internet che mescola e sovrappone eventi avvenuti a distanza di giorni o settimane. La cosa finisce per stimolare connessioni di stampo dadaista, soprattutto quando si impregnano di deformazione professionale.
Ieri il vortice spazio-temporale si è materializzato con la rivelazione dell’onorevole Bucchino, il quale denunciava che gli erano stati offerti 150 mila euro e la promessa di rielezione per diventare un ascaro berlusconiano. Per la prima volta da quando è stato inaugurato il mercato over the counter (sopra lo scranno), a Montecitorio veniva rivelato con precisione il prezzo della materia prima. Informazione preziosa perché ci consente di analizzare i prezzi relativi dei servizi (e servizietti) a cui il nostro Presidente del Consiglio tiene maggiormente.
Direi di trascurare nel computo la promessa di rielezione, perché anche il più imbecille ed untuoso dei Cetto Laqualunque dovrebbe capire da solo che tale promessa vale quanto le mutande sporche di Ferrara. Quando si tratterà di fare le liste figuratevi se il caimano darà i posti al sole a quelli che si sono venduti o che hanno fatto la spola due (o più) volte in poche settimane. Con la Lega che preme al Nord e i vari Scajola che reclamano l’oncia di carne sarà già oltremodo difficile far rieleggere i fedeli, figuratevi i voltagabbana. I Responsabili che si cullano nell’illusione beata della loro scaltrezza e si godono nei loro trip allucinati il nirvana di scranni da sottosegretario o i pennacchi da Eccellenza, si ridesteranno al suono amaro della tromba quando si andrà alle urne. Farebbero meglio a monetizzare tutto in fretta, perché il loro appeal ha tempi di scadenza molto più rapidi anche delle procaci grazie di una Lolita marocchina.
Finito il video YouTube di Bucchino, nel mio blob si sono materializzati immediatamente i conti correnti delle Olgettine rimpinguati dal rag. Spinelli e le emoluzioni distribuite al gineceo dopo le prestazioni (di natura artisitica s’intende) nel semi-interrato di Arcore. Scorrendo velocemente le notizie ho appreso che ognuna delle disinibite donzelle intascava tra tre ed ottomila euro a seconda della prestazione (sempre di natura artistica, in fondo è arte anche quella). Quindi, tanto per fare una media a spanne, ogni presenza femminile costava alle tasche di Berlusconi circa cinque mila euro. Dalle cronache emerge che le Olgettine stanziali erano 28, cui si aggiungevano avventizie prese in ambienti eterogenei, se dobbiamo credere alle intercettazioni: “La zoccola, la sudamericana che non parla l’italiano (ma, come cantava Vasco Rossi, si fa capire bene quando vuole), c’è quella un po’ più seria (non che ci voglia molto)” …
In buona approssimazione tra assenze giustificate e presenze occasionali, diciamo che ogni serata distensiva (nel senso che si trascorreva distesi?) costava a Berlusconi su per giù 150 mila euro. Ci sarebbe da aggiungere il costo della Coca light e delle libagioni, magari il Dj o Apicella. Il servizio di trasporto invece non ho ancora capito bene se fosse assicurato dalle auto della polizia (o magari dai voli di Stato come per il trasbordo delle ospiti a Villa Certosa).
Questo conto della serva appura che un deputato, a prezzi correnti, costa meno di un Bunga Bunga e dura più a lungo. Costa molto meno, tanto per fare un altro paragone, dello stipendio annuale di un consigliere regionale (se si considerano i contributi pensionistici, gli oneri sociali e i benefits). Certo, è vero che lo stipendio di consigliere regionale a volte dovrebbe essere imputato al costo del Bunga Bunga, ma mi sono limitato a fare i conti in tasca al premier e trascuro quindi il costo per la collettività delle serate distensive.
Sempre nel blob mi è apparsa la foto in bianco e nero di Bersani in maniche di camicia rimboccate, ma con la cravatta (stile cummenda anni ’60 che si aggira nella sua fabbrichetta) e sguardo da foto segnaletica. In un impeto di attivismo stile vecchio Pci, Bersani si è dannato l’anima per centrare l’obiettivo di dieci milioni di firme (incluse quelle di Batman, Garibaldi e Che Guevara) che chiedevano le dimissioni del premier. A sentire i responsabili del Pd, l’iniziativa è stata fatta in assoluta economia con una spesa stimata in meno di un milione di euro. Visto che le firme sono totalmente inutili – come le iniziative strombazzate in estate (ricordate la boutade sul “far suonare le campane”?) – forse i soldi si potevano spendere più utilmente.
Ai prezzi attuali si potevano acquistare almeno cinque, forse sei deputati (magari non tanto pregiati) e sarebbero anche avanzati i soldi per un discreto Bunga Bunga, niente di stabiliante, una cosina in tono minore, visto che è Quaresima e vanno tenute in conto le sensibilità dei Teo Dem. A occhio e croce, una ventina di Olgettine, ma senza Apicella e Coca light.

(Fabio Scacciavillani – Il Fatto quotidiano e Forche Caudine – 14 marzo 2011)

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