La Repubblica è il quotidiano dove molti giornalisti di fama, direttori illustri e presidenti della Rai, si sono fatti le ossa. Non sempre il risultato è esente da difetti, ad esempio talora la spina dorsale risulta un po’ gracilina. Come nel caso dell’inquilino attuale di viale Mazzini, che dorme placidamente di fronte ai virulenti attacchi quotidiani contro le trasmissioni di informazione (che, detto per inciso, portano sollievo finanziario alle casse stremate del suo carrozzone pubblico). Quando il trambusto delle manifestazioni e delle proteste si fa insopportabile, tra un aperitivo in terrazza e un doppio al Circolo Parioli, trova il tempo per farsi scrivere dallo staff una melensa letterina sulla libertà di stampa di cui si autoproclama strenuo difensore. E torna a dormire in posizione supina come consigliano gli ortopedici a chi soffre di disturbi alla schiena.
Ma la fucina di Repubblica sforna talenti in continuazione. Prendete Carmelo Lopapa, firma di punta della pagina politica. Il 25 ottobre pubblica un’intervista a Frattini. Vi immaginereste che tale intervista vertesse su temi di politica internazionale. Invece nemmeno una parola a riguardo. Il titolo punta in altra direzione: “Troppi attacchi al premier e i finiani la smettano di fare gli sfasciacarrozze”. Il testo conferma il tono. Inizia con un “Viviamo in un clima da attacco giudiziario permanente al premier” (e non era ancora scoppiato il Bunga-gate). Continua con una serie di baggianate del tipo “…è stato Berlusconi a consentire a Fini di occupare la terza carica dello Stato…”. Noi ingenui pensavamo che fosse stato eletto dal Parlamento, ma nel mondo feudal-messianico di Frattini investire valvassori e valvassini è prerogativa dell’Unto. E aggiunge perle del tipo: “Si offendono milioni di italiani se si continua a parlare del lodo Alfano come di legge ad personam”.
Ma il pezzo forte dell’intervista arriva in risposta ad una domanda sulla reiterabilità dello scudo (io la chiamerei reiterabilità del reato, ma sono un giustizialista): “… non si può condizionare la libera volontà degli elettori, impedendo loro di rieleggere alla Presidenza del Consiglio la medesima persona solo perché viene meno una garanzia per le alte cariche istituzionali. Per altro in vigore in Francia come in Germania”.
Come è stato ripetuto alcuni milioni di volte, in Francia ed in Germania il privilegio in questione è garantito al presidente della Repubblica per atti commessi nell’esercizio delle sue funzioni. Ma Lopapa non fa una piega, rimane stirato di fresco, non controbatte, non precisa e passa ad altro. Si è fatta quasi l’ora dell’aperitivo con Galimberti e non si può perdere tempo a sottilizzare.
Ma da umile lettore se proprio volessi godermi qualche farneticazione, invece di Repubblica comprerei l’originale. Infatti lo stesso giorno dell’intervista di Lopapa, un editoriale di Giuliano Ferrara su Il Foglio declamava: “E’ un fatto di fisiologia del sistema politico. Ci sono capi che sono inviolabili giudiziariamente, come il presidente francese; capi che possono essere deposti solo dal un voto del Parlamento, come il presidente americano; e capi che dovrebbero essere a disposizione del primo John Henry Woodcock o del primo De Magistris che passa in nome della legge uguale per tutti e in disprezzo esplicito della volontà popolare: quest’ultimo è il caso, che fa ridere, dell’Italia vista dagli azzeccacarbugli”.
Quindi se vi sta sulle scatole il principio che la legge è uguale per tutti c’è Il Foglio che le canta chiare: una volta eletti ci si fa i propri comodi, legali od illegali che siano, senza dover rendere conto a chicchessia. Però vi avverto, il piacere della lettura ve lo dovrete guadagnare con una serie di esercizi di rimozione della realtà. Se non ci riuscite da soli, il TG1 ed il TG4 (ma vanno bene anche tutti gli altri TG) vi daranno una mano robusta a sbiancarvi il cervello come in Arancia Meccanica.
Non vi dovrà mai venire in mente che Berlusconi non è stato a disposizione di alcun magistrato, infatti in Tribunale si è presentato una sola volta per dichiarazioni spontanee. E nemmeno dovrete ricordarvi che un certo presidente americano di nome Richard Nixon non fu costretto alle dimissioni da un voto del Parlamento, ma da un’indagine giudiziaria che svelò una serie di reati di cui lui era il mandante. Se siete un po’ più giovani rischiate di avere qualche reminiscenza di un’incresciosa vicenda che coinvolse un altro presidente americano di nome Bill Clinton, il quale passò mesi in mondovisione sulla graticola giudiziaria approntata da un giudice indipendente, Kenneth Starr, per aver mentito su un rapporto orale. Se poi siete imberbi dovrete cancellare dai vostri neuroni anche il recente episodio dei gendarmi che vanno a perquisire l’Eliseo nel corso delle indagini sulle mazzette pagate a un membro del governo francese, con il presunto coinvolgimento del presidente Sarkozy.
Aggiungete agli esercizi di rimozione della realtà qualche pratica tantrica e vivrete a lungo beati nel paese dei Frattini, dei Ferrara, dei Lopap(p)a e dei Lociccia.
(Fabio Scacciavillani – 31 ottobre 2010)
Il Fatto Quotidiano e Forche Caudine
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