La banalizzazione della verità



La banalizzazione della verità

“Buttarla in caciara”. E’ sufficiente prendere in prestito dall’idioma romano quest’efficace locuzione per fotografare un fenomeno ormai comune e trasversale: ridurre all’ordinario ciò che è per sua natura atipico e paradossale.
Prendiamo l’arcinota vicenda di Ruby Rubacuori, con i suoi contenuti (e i suoi “contorni”) da libro di Michele Serra. Ebbene, ogni passaggio della telenovela – dalla parentela con Mubarak ai faraonici regali – è entrato ormai nella sfera della normalità. Tanto che la signorina, che un tempo sarebbe stata resa “appestata” dalla moralità pubblica, oggi è entrata appieno nelle cronache della nostra quotidianità più mediocre, dal ruolo di testimonial pubblicitario per un libro fino alla presenza nel “blasonato” ballo delle debuttanti a Vienna.
La complessa operazione di “banalizzazione” gode della congiunzione – accidentale e volontaria insieme – di differenti circostanze: se è in un certo senso giustificabile l’assuefazione a fenomeni che, per quanto inconsueti, diventano regolari ripetendosi con sempre maggiore frequenza, decisamente dolosa è la scaltra normalizzazione di ciò che dovrebbe essere straordinario, la diabolica uniformazione di ciò che dovrebbe essere difforme.
Nel primo caso, cioè all’assuefazione, concorrono paradossalmente anche coloro che si scandalizzano per le vicende offerte dalle cronache quotidiane, ma lo fanno attraverso mezzi standardizzati e pratiche reiterate, finendo per alimentare l’adattamento alla circostanza. A tale opera di regolarizzazione concorre soprattutto il web: la continua adesione ad appelli, la condivisione di documenti comuni, l’ossessione collettivamente partecipata finiscono per determinare una rappresentazione picaresca della realtà, spesso mitigandone la portata. L’uso dell’ironia presenta, in questo caso, molte controindicazioni.
Nel contempo la subdola “caciarizzazione”, condotta da chi ha tutto l’interesse a levigare gli aspetti più immorali della realtà, ha buon gioco quando la vicenda viene talmente proposta e consumata da stancare il lettore.

(Giampiero Castellotti – 7 marzo 2011)

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