La tegola federale



Ricordate il mio piccolo sfogo intitolato "Pederastismo fiscale". Visto che molti a sud della linea gotica ancora non vedono la tegola che sta per abbattersi sul loro capo volevo proporvi un piccolo saggio. Questa volta lascio il proscenio (si fa per dire) cybernetico di Forche Caudine al presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Giulio De Capitani. Ecco cosa ha dichiarato (nero su bianco nel resoconto della sua audizione) di fronte alla Commissione parlamentare per le questioni regionali il giorno giovedì 11 dicembre 2008.

De Capitani, uno dei tanti volti più o meno noti nello show del duo Berlusconi-Bossi parla delle misure varate dalla Regione Lombardia, in particolare il nuovo "Statuto di autonomia della regione Lombardia". Si badi bene questo statuto è già in vigore dal 1 settembre 2008, rappresenta la "carta costituzionale" della Lombardia. Non è un progetto, non è un desiderio, non è un complotto dei giudici. E’ già realtà. Sentite come illustra il pederastismo fiscale all’augusto consesso parlamentare il De Capitani descrivendo i piani messi nero su bianco dai sodali di Bossi in una proposta di legge per l’attuazione del "federalismo fiscale":

"Questa ripartizione [degli introiti fiscali] avrebbe avuto il pregio di raddoppiare il bilancio attuale della regione Lombardia. La disponibilità attuale di bilancio è pari circa 25 miliardi di euro all’anno, dei quali tre quarti sono destinati alla sanità e, pertanto, sono da considerare praticamente spese fisse, rappresentando risorse alle quali non si può fare riferimento, ad esempio, per compiere investimenti. Con l’attivazione delle proporzioni cui si faceva prima riferimento (cioè riducendo i trasferimenti delle imposte allo Stato italiano), il bilancio (della Lombardia) aumenterebbe di quasi il 100 per cento. Le stime sono discordanti, ma l’aumento si aggirerebbe fra i 18 e i 23 miliardi di euro".

E come farebbero De Capitani e la sua ciurma a prendere questi soldi?

Ma è semplice: lo spiega lui stesso alla Commissione parlamentare: "Tanto per fare alcuni esempi, veniva già stabilito che una quota pari al 15 per cento di quella che chiamiamo per brevità l’Irpef (…) veniva sottratta al versamento all’Erario (cioè alle casse dello Stato italiano) e veniva utilizzata direttamente sul territorio (vale a dire versata direttamente alle casse della Regione Lombardia). Al territorio (di nuovo alla Regione Lombardia) veniva anche attribuito l’80 per cento dell’Iva, oltre che le risorse derivanti dalle accise su tabacchi, benzina, giochi e quant’altro".

Quindi per tradurre in parole povere il pensiero dei Leghisti e dei loro cacicchi le tasse pagate in Lombardia non devono essere ripartite tra i cittadini italiani. Un aspetto poco conosciuto della faccenda è l’ampio consenso politico che circonda queste iniziative: lo statuto è stato approvato, in seconda lettura, da tutti i consiglieri regionali (inclusi quindi quelli di sinistra che a parole combattono la Lega e sottobanco invece la sostengono), con un solo voto contrario e sette astensioni (in prima lettura non c’era stato nemmeno un voto contrario).

Ma c’è un aspetto interessante nelle parole del presidente del Consiglio regionale: le spese sanitarie assorbono il 75 per cento delle spese regionali e lui le considera intoccabili, "spese fisse" specifica. E perché mai? Forse perché le cliniche lombarde devono continuare a fare operazioni inutili su pazienti ignari (e farsi rimborsare dalla Regione Lombardia) come è stato messo in luce negli scandali recenti, subito messi a tacere dalla stampa e dalle tv? La Regione Lombardia dovrebbe continuare a pagare per rimozioni di appendiciti, polmoni e lombi vari sani? Oppure perché le cliniche private degli amici chiuderebbero senza la valvola d’ossigeno dei soldi pubblici?

Insomma sono pronto a scommettere che qualora la Regione Lombardia dovresse ricevere la manna di una ventina di miliardi di euro nel proprio bilancio i cittadini non ne vedrebbero che le briciole. La crosta, la mollica ed il companatco se li papperebbero gli amici di chi comanda in Padania, insomma la solita cordata di costruttori, gestori di cliniche private, aziende con le amicizie giuste e in gnerale i vari membri della casta. Ovviamente al grido di "Roma ladrona".

(Fabio Scacciavillani)

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