Reddito di residenza attiva ed altro: proviamo a riflettere



In una conferenza stampa tenuta a Palazzo Vitale martedì 11 dicembre 2018 il governatore Donato Toma ed il consigliere Antonio Tedeschi hanno annunciato a Campobasso due provvedimenti di giunta : il “Reddito di residenza attiva” ed il “Mantenimento e miglioramento dei servizi essenziali nei piccoli Comuni”.
Il primo, previsto inizialmente da Tedeschi come una proposta di legge, è diventato un bando di prossima pubblicazione per un fondo di 977.000 euro con finanziamento previsto da parte del Mef e Mise in favore di quaranta beneficiari che decideranno di porre la propria residenza in un comune molisano fino a duemila abitanti dove dovranno avviare un’attività economica imprenditoriale, artigianale o professionale mantenendola in vita per un triennio.
Il secondo intervento prevede 700.000 euro per il miglioramento dei servizi nei sessantanove comuni della regione con popolazione al di sotto dei mille abitanti per un massimo di 15.000 euro per ogni amministrazione.
Intanto con molta franchezza tali provvedimenti ci appaiono come toppe su pantaloni sgualciti che ne prolungheranno l’uso per poco, ma che non contribuiranno alla loro conservazione per garantire il decoro di chi li indossa.
Intanto è davvero difficile capire perché si debba incentivare solo l’imprenditorialità dei nuovi residenti considerando tra l’altro che quaranta persone in totale nella regione non sono certo il toccasana per la desertificazione demografica nelle piccole comunità.
Noi insistiamo nel sostenere che il Molise debba piuttosto attivare con urgenza un tavolo di lavoro in grado di predisporre una progettazione di sviluppo economico sostenibile e razionale da difendere poi nelle sedi opportune per gli adeguati finanziamenti. 
Data l’esiguità delle risorse, abbiamo qualche dubbio che quanto immaginato dalla giunta regionale con i due provvedimenti sopra citati possa avere un grande impatto nel contrastare lo spopolamento, rivitalizzare l’economia dei territori, creare occupazione come è stato da più parti sottolineato trattandosi tra l’altro di appena quaranta eventuali posti di lavoro. 
Tuttora poi sulle due misure non ci risultano al momento esplicitazioni sufficienti per il futuro bando in merito ai requisiti richiesti da parte dei beneficiari. 
Poiché fin qui, ci auguriamo per nostra limitatezza sulle fonti d’informazione, sulla stampa regionale non abbiamo colto istanze di suggerimenti al riguardo, proviamo ad avanzarne alcune.
Intanto, senza immaginare risorse aggiuntive a quelle già previste, ci pare che gli stimoli a creare un’attività imprenditoriale siano davvero esigui considerando già i costi iniziali di avvio e di gestione annuale della stessa.
Ci attendiamo ancora che il bando relativo al primo provvedimento chiarisca se lo stesso richiede o meno la cittadinanza italiana, se sono immaginate fasce di età per la partecipazione, se i beneficiari dovranno avere un tetto al proprio reddito, se potranno cumulare tale nuova attività con altre eventualmente già esercitate altrove, se i comuni delle aree più interne avranno prevalenza su quelli a ridosso dei centri più popolosi, se è attesa per le attività imprenditoriali una fiscalità di vantaggio almeno per la tassazione regionale, se è prevista una commissione preposta alla valutazione dei progetti di attività nell’ipotesi che questi superino i quaranta previsti.
Senza la definizione di tali presupposti ci sono seri rischi che un bando troppo generico possa creare equivoci, generare perplessità e determinare ancora una volta logiche clientelari o favorire i furbi di turno che, piuttosto che avere a cuore un risveglio dei processi economici in regione, pensano al contrario solo a rimpinguare magari redditi palesi o nascosti già esistenti.
Anche sulle misure relative al miglioramento dei servizi essenziali nei piccoli comuni occorre sottolineare che è necessario prevedere nuove risorse perché il tetto massimo di 15.000 euro non può essere coperto per tutti i sessantanove comuni con i 700.000 euro disponibili; occorre in caso diverso limitare il numero dei comuni da sovvenzionare o fissare delle priorità per talune prestazioni che andrebbero definite come servizi indispensabili quali ad esempio potrebbero essere quelli di una guardia medica non esistente in alcuni centri o almeno l’allargamento nella fascia oraria del servizio di medicina di base. 
Come crediamo sia facilmente rilevabile, i nostri appunti di riflessione mirano unicamente a suggerire criteri per i bandi di prossima pubblicazione nella speranza che siano redatti con la massima razionalità, trasparenza e chiarezza.
Quello che speriamo in ogni modo si eviti è che le misure previste per il sostegno alla qualità della vita dei cittadini possano trasformarsi in fondi di natura assistenziale o peggio ancora in contributi ad iniziative di corto respiro destinate ad esaurirsi dopo i tre anni di finanziamento.
Poiché talune di queste esperienze imprenditoriali già in passato sono state come neve al sole, è chiaro che occorre essere vigili sia nella valutazione dei progetti che nel percorso triennale degli stessi.
Non ci esprimiamo infine sull’emendamento depositato nella Commissione Bilancio al Senato dalla Lega per attrarre nel Mezzogiorno d’Italia e quindi anche nel Molise i pensionati residenti all’estero da almeno cinque anni perché a nostro avviso non basta l’aliquota fiscale prevista al 7% per convincere dei lavoratori in pensione a trasferirsi in regioni dove poi c’è una carenza pesante di molti servizi essenziali a partire da quelli sanitari.
Per imitare provvedimenti già esistenti in altri Paesi europei o Africani occorre che le classi dirigenti da noi si facciano carico della predisposizione degli elementi essenziali per una qualità della vita che sola può attirare un movimento di popolazione in entrata in una regione come il Molise. 
(Umberto Berardo – 17 dicembre 2018)

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