Fede e religione



È indubitabile che ogni essere umano cerchi di vivere dando all’esistenza un senso che può avere connotazioni positive o negative in relazione ai principi ispiratori. 

Ciascuno lo fa seguendo convinzioni conquistate nei modi più diversificati che vanno da una maturazione del pensiero formatasi in modo articolato attraverso una pluralità di canali fino a quella costituita da un’unica fonte di idee.
Si vive la propria vita facendo riferimento a principi e valori acquisiti dal sapere e dalle diverse scienze, ma anche dalle relazioni con esperienze di comunicazione e confronto che in qualche modo tentano di portare la riflessione sulla trascendenza.
Il tentativo di andare oltre quanto è sperimentabile si trova nella riflessione filosofica, ma anche nell’esperienza di fede come adesione ad un Kerygma, un annuncio, una proposta, una prospettiva.
È questa la religiosità, ovvero, come sostiene giustamente Raimon Panikkar, la predisposizione ad aprirsi all’ulteriorità rispetto al mondo per cercare gli elementi di una realtà invisibile che si intuisce e percepisce come esistente anche se sfugge alle nostre possibilità di conoscenza attraverso i canoni abituali del sapere.
Avere fede significa tuttavia anche nutrire fiducia nell’idea di vita di chi pone a fondamento della stessa principi e valori ispirati dall’amore e che aprono l’esistenza all’equità costituita da inclusione e condivisione perché, come scrive il biblista e teologo della liberazione Marcelo Barros nel volume “Helder Camara: il dono della profezia”, “la cosa più importante non è discutere di idee, ma condividere la vita”
Il percorso di ricerca dell’invisibile e dell’assoluto è da taluni rifiutato in nome di concezioni materialistiche, agnostiche ed ateiste che lo ritengono puramente illegittimo ed illusorio preferendo quindi muoversi nella cornice sicura dell’immanenza.
Chi al contrario ne fa esperienza sul piano della relazione con la spiritualità lo considera di grande importanza per la stessa costruzione della struttura della società nella storia e per la ricerca di relazioni umane e di senso al proprio vivere.
Molti vivono la fede su un piano unicamente teistico legato a forme di dottrine di natura dogmatica ed atemporale; tanti l’associano perfino ad immagini fuori da ogni logica conoscitiva, mentre taluni a concezioni anateistiche che muovono dall’assunto che l’assoluto ed il divino non possono essere compresi e definiti né da singoli né da tradizioni religiose; c’è poi chi ha al riguardo un approccio di esperienza spirituale la cui ricerca della verità sull’assoluto è attraversata dal dubbio, dalla riflessione critica, dalla libertà della relazione con la divinità e da modalità espressive lontane da forme rigidamente dogmatiche.
È difficile definire la via attraverso la quale si giunge alla fede, ma è certo nella nostra esperienza che questa relazione con un modo d’interpretare, concepire, vivere la vita e relazionarsi con ciò che va oltre l’immanenza viene da un dono di Dio che va accolto dalla nostra libertà.
Quanto abbiamo cercato di definire come fede è evidentemente legato alla religiosità, ma non è sempre sinonimo di religione, la quale anzi quando, come sostiene Karl Barth in “L’umanità di Dio”, pretende di chiudersi in una confessionalità autoreferenziale, di anteporsi o di sostituirsi a Dio, sfocia nella superstizione, nel radicalismo e nel fondamentalismo, come tante volte è accaduto nella storia e si verifica anche oggi; finisce allora per diventare davvero un ostacolo alle relazioni umane sia per i credenti che per gli atei.
La religione ha un suo credo, un catechismo, pratiche di culto, riti, linguaggi, codici di comportamento e libri sacri che sono modi interpretativi del Kerygma chiaramente umani e storici sui quali talora diventa difficile se non impossibile qualsiasi forma di riflessione critica e che spesso sono stati causa di eresie o forme di emarginazione.
Si tratta delle ragioni che hanno determinato critiche serrate sul piano teologico al cattolicesimo già dal XVI secolo con il movimento protestante e poi in maniera più radicale al valore stesso della religione a partire dal XVII secolo da parte del mondo intellettuale facente capo all’Illuminismo, all’Empirismo di David Hume e successivamente all’Idealismo tedesco con Ludwig Feuerbach ed al Marxismo fino a condurre all’ateismo ed al secolarismo, mentre nella riflessione contemporanea Max Weber e Marcel Gauchet vedono nella religione non una forza conservatrice, né solo una tensione verso il trascendente, ma una prospettiva storica ed antropologica capace di muovere le strutture dell’organizzazione umana e sociale.
Le religioni costituite sono numerose e potrebbero secondo alcuni ingenerare conflitti nella ricerca del divino in relazione ai contenuti spesso diversificati che proclamano.
La cultura vedica, ma anche l’induismo ed il buddismo attraverso il Dharma, inteso come modi diversi di esprimere la relazione con la verità da parte delle confessioni religiose, ed il cattolicesimo con la dichiarazione “Nostra Aetate”, in cui riconosce nelle altre religioni “un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”, sembrano davvero mostrare apertura a forme possibili di dialogo interreligioso e di un ecumenismo che si stanno facendo oggi strada con papa Francesco e che si spera possano far superare la pretesa delle diverse confessioni religiose di essere l’unica ed assoluta rivelazione della divinità.
Certo la fede appartiene alla sfera intima della coscienza individuale, ma non può essere considerata un fatto privato e va vissuta all’interno di una comunità perché possa diventare lievito di crescita, riflessione e confronto dentro e fuori del circuito dei credenti.
Nel Cristianesimo il Dio di Gesù Cristo si rivela nella storia attraverso suo Figlio e nella testimonianza di donne ed uomini che credono in lui e ne vivono l’amore.
Come sostiene opportunamente Alberto Maggi, la spiritualità, questa forza che spinge verso la storia, l’infinito e l’assoluto, conduce alla fede che è un dono di Dio all’umanità, mentre la religione nasce dagli uomini ed è un artefatto culturale nel quale occorre muoversi in piena libertà di ricerca e spirito critico.
Opponendosi all’infallibilità riconosciuta degli scribi, Gesù Cristo ci ha confermato con il suo stile di vita che la Parola di Dio si svela a quanti mettono il bene dell’altro al primo posto nella loro esistenza come è chiaramente indicato nella parabola del buon samaritano.
Nella recente indagine “Giovani e fede in Italia” dell’Istituto Toniolo di Milano emerge che i giovani sono in generale vicini alla fede, ma fanno fatica a capire il linguaggio, i riti e le strutture dell’istituzione chiesa.
C’é allora la necessità di trovare lessico adeguato, nuove tecniche di comunicazione, metodologie appropriate e forme condivise di testimonianza per riuscire a trasmettere la forza del Vangelo e, come ha scritto di recente Massimo Cacciari,  “la straordinarietà di quel testo, la bellezza di una storia che induce ad andare alla ricerca”.
Come sostiene il teologo Leonardo Boff in una recente intervista ad Adista, la chiesa ha bisogno di rendersi consapevole che Gesù è venuto per insegnarci a “vivere nell’amore e nella misericordia” ed a questo messaggio bisogna fare riferimento piuttosto che costruire “un cristianesimo dottrinario, dogmatico, sistematizzato, tutto disciplina, ordine e potere”.
In questa direzione secondo Boff la via per tradurre la fede oggi è quella di pensare ad un nuovo paradigma che probabilmente dovrà superare quello ellenistico ed occidentale ed indirizzarsi verso uno nuovo relazionandosi all’ecologia, alla fisica quantistica ed alla nuova cosmologia.
Sono esattamente i problemi che pongono molti altri teologi legati ad una forma di spiritualità incarnata e liberatrice.
Il Concilio Vaticano II ha aperto a forme d’innovazione sul piano strutturale della chiesa e su quello di una nuova vitalità teologica e testimoniale cercando di dare una caratterizzazione positiva al laicato che, oltre a forme di partecipazione puramente consultiva, possa davvero essere parte di una gestione sinodale o collegiale della comunità del popolo di Dio.
Nonostante il lavoro profetico di papa Francesco, questo cammino sembra irto di difficoltà, ma senza percorrere questa strada sarà davvero inutile lamentarsi da credenti del secolarismo da cui si è circondati.

(Umberto Berardo – 9 maggio 2018)

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