È finita una campagna elettorale telecratica, sinceramente lunghissima, noiosa, paradossale ed in taluni casi perfino blasfema.
Affermiamo in premessa che il 4 marzo ci recheremo al seggio elettorale per esprimere, nonostante tutto, un voto che sia il più possibile legato ai principi che guidano la nostra umile esistenza ed alle opinioni nelle quali ci riconosciamo per disegnare una società a misura dei diritti di ogni essere umano.
Lo precisiamo nella speranza che nessuno voglia incasellarci tra i qualunquisti o peggio ancora tra i disfattisti.Andremo a votare malgrado il sistema di legge elettorale e tutto il degrado di una politica che davvero non riesce a ritrovare la vera funzione che le compete.
Dunque è finito il teatrino grottesco di una campagna elettorale da parte di chi, pur navigando a fatica in un oceano in tempesta in cui si rischia di affogare, finge di volare sereno in un cielo illuminato dal sole.
Non ci è mai capitato come questa volta di leggere quasi tutti i programmi elettorali.
Vi abbiamo trovato proposte decenti, talora accettabili, ma anche di un genericismo sconcertante e qualche volta perfino delirante.
C’è anche un’indeterminatezza e schematicità spesso voluta da parte di forze politiche che cercano di pescare nel torbido voti da ogni parte.
Con le dovute e rarissime eccezioni, anche in questa direzione purtroppo si opera secondo le logiche di un sistema verticistico dove le linee programmatiche vengono calate dall’alto senza alcun coinvolgimento nell’elaborazione almeno degli iscritti alle forze politiche ed un confronto democratico per revisioni ed integrazioni.
Lasciando perdere tutti i grandi temi che riguardano le forme di vita associata a livello locale, nazionale ed internazionale sui quali è difficile seguire la lettura di programmi spesso molto problematici, ci chiediamo quale credibilità possano avere ad esempio partiti e movimenti che negli ultimi anni hanno elaborato ed approvato un numero incredibile di leggi elettorali sideralmente lontane da ogni concetto accettabile di democrazia, che mandano gli italiani a votare con l’attuale Rosatellum e contestualmente già sostengono di volerlo cambiare e poi non scrivono una riga nei loro programmi su qual è la loro concezione di partecipazione al voto da parte della popolazione.
Si capisce come tutto questo sia illogico, bizzarro se non addirittura insensato.
C’è perfino chi presenta proposte fuori da ogni logica di bilancio come specchietti per le allodole, chi vorrebbe portare a fondamento delle proprie tesi simboli religiosi che tra l’altro ne sono lontanissimi e chi ancora predispone consigli dei ministri già pronti, ma anch’essi tirati fuori, in modo verticistico e senza alcun confronto con la base, come i conigli dal cilindro del mago.
Ora in questi giorni di silenzio alla propaganda speriamo che gli elettori isolino le presenze interessate di chi, legato ai feudi elettorali, nega il voto di opinione e continua il “mercato delle vacche” per tutelare interessi personali, familiari o di gruppo.
Se almeno in questo senso la libertà di voto non verrà coartata, andare a votare potrà avere un senso.
Ci auguriamo infine che il mondo intellettuale ed associazionistico, che pure in questa fase è riuscito a produrre delle riflessioni interessanti, sappia muoversi per il futuro non solo su forme democratiche di controllo del potere e di elaborazione di idee, ma anche sulla strada d’ innovazione dalla base di una politica che rischia ancora di percorrere sentieri desueti.
(Umberto Berardo – 1 marzo 2018)
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