Qualunque territorio richiede diverse condizioni perché le popolazioni in esso residenti possano avere una qualità di vita accettabile.
Gli abitanti hanno bisogno di aria salubre, di un ambiente integro nella vita vegetale ed animale, di cibo genuino, di un’attività lavorativa che dia dignità alle persone e sostegno all’esistenza ed ovviamente di efficienti servizi quali quelli alla salute, alle comunicazioni, ai trasporti, alla cultura, all’educazione, alla sicurezza, alla giustizia, alle poste, al commercio.
Non c’è ombra di dubbio sul fatto che una parte di essi debba necessariamente essere accentrata e pensiamo in proposito agli ospedali, agli uffici giudiziari, catastali, fiscali, ma anche a talune forze di polizia o a sistemi di trasporto come quelli ferroviari.
Non è pensabile al contrario una polarizzazione di servizi che necessariamente debbono rimanere diffusi sul territorio o garantire almeno che esso abbia collegamenti razionali ed accettabili con quelli presenti solo nei centri più popolati.
In una regione come il Molise stiamo assistendo, a nostro avviso, ad una riduzione progressiva, ma costante perfino dei servizi di primaria necessità quali ad esempio quelli sanitari, scolastici, postali e commerciali.
Ci sono oggi piccole comunità, soprattutto nelle aree interne della regione, che mancano della guardia medica sul posto, ma anche di prestazioni terapeutiche ed infermieristiche domiciliari soprattutto nei momenti in cui le condizioni meteorologiche avverse impediscono al personale di guardie mediche o poliambulatori esterni di raggiungerle in tempi ragionevoli.
Pensare concretamente ad una medicina territoriale significa anzitutto risolvere tali problemi fondamentali oltre a quelli di una diagnostica e di una riabilitazione che devono essere sempre più diffuse.
Sul piano educativo si può immaginare una rete distribuita sui poli scolastici purché questi rimangano fortemente collegati a tutti i paesi che vi fanno capo attraverso attività culturali ed educative che devono essere garantite agli alunni non solo nella sede degli Istituti Comprensivi, ma anche sui luoghi di residenza degli allievi.
Tra l’altro, come abbiamo già sottolineato in un piano a suo tempo predisposto per taluni Comuni delle aree interne, occorre uscire dalla logica che l’educazione e l’istruzione debbano riguardare solo talune età della vita, ma occorre pensare e programmare una formazione permanente che certamente è in grado di ridurre diversi tipi di analfabetismo.
Sui servizi postali e sulle difficoltà in atto, specialmente per le fasce più avanzate della popolazione, si sono condotte operazioni di riduzione nei piccoli borghi che vanno ripensate perché stanno creando disservizi notevoli sia agli sportelli che nella distribuzione della posta.
Per ciò che riguarda le attività commerciali le strutture di distribuzione attraverso i grandi centri commerciali stanno eliminando tutti i negozi di prossimità non solo nei quartieri delle città, ma soprattutto nei piccoli paesi delle aree interne dove non riescono a sopravvivere a causa di un giro d’affari ridotto ormai al lumicino.
Chi continua a mantenere piccoli punti vendita soprattutto nei villaggi di montagna lo fa per affetto ad una professione esercitata magari da tantissimi anni o per giungere alla maturazione dell’assegno di pensione.
Si tratta di piccoli imprenditori che andrebbero aiutati sul piano fiscale e che invece sono penalizzati dai prezzi di acquisto delle merci, dal sistema di distribuzione delle stesse e da aliquote fiscali troppo elevate in relazione al giro d’affari.
Il commercio su aree pubbliche, regolamentato dalle amministrazioni comunali sulla base della legge regionale n. 33 del 1999 , ha in parte sin qui offerto agli abitanti dei piccoli borghi i servizi ormai carenti in loco per la chiusura dei negozi soprattutto in settori merceologici di prima necessità.
Anche il commercio ambulante oggi rischia di essere strangolato dalla direttiva Bolkenstein di cui ci siamo già occupati analiticamente lo scorso settembre e che prevede la possibilità di affidare attraverso una gara la gestione dei suoli comunali a società private.
Tra l’altro in tutta Italia tale procedimento è stato già preso in considerazione da molte amministrazioni comunali.
L’idea poi di organizzare nuove fiere domenicali nei centri più popolosi e lungo le principali arterie stradali segue ancora una volta, alla stessa maniera dei centri commerciali, il criterio della polarizzazione dei servizi che appartiene ad una logica neoliberista e che di nuovo rappresenta una tegola sulla testa per i piccoli esercenti nei mercati dei paesini limitrofi e per quelli periferici di montagna.
Oltretutto quelli che insorgevano giustamente per l’apertura domenicale degli ipermercati perché sostenevano giustamente che tale giorno festivo sarebbe giusto dedicarlo alla famiglia, alle relazioni sociali, al riposo, al culto religioso, come mai oggi rimangono in silenzio rispetto al proliferare di attività lavorative proprio la domenica?
Noi vorremmo seriamente invitare tutti non solo a riflettere sulla programmazione economica da mettere in atto per lo sviluppo del Molise, ma anche a definire la distribuzione dei servizi esistenti sul territorio secondo logiche relative alle esigenze della popolazione piuttosto che rispondenti ai profitti degli operatori.
Ove la logica della polarizzazione dovesse continuare, gli abitanti delle aree interne devono mettere in atto le uniche forze di contrasto in loro possesso contro tale orientamento e cioè quelle del voto e dell’utilizzo esclusivo di operatori di servizi in loco.
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