Dopo l’indimenticabile esploratrice in tailleur da sciura, nella terra di mezzo politica tra Fantozzi e Salgari, sembra assodato (secondo editoriali e retroscemi) che dalla farsa neo-andreottiana del forno – alimentato dalla legna legaiola e spento dalla lagna berlusconide – si potrebbe passare al tentativo di fornicazione tra il M5S e il Pd.
Al contrario delle opere diffuse su YouPorn – dove non si è adusi ad indugiare troppo prima di arrivare al dunque – su YouQuirinal si prevedono tempi da esistanzialismo francese, senza sveltine.
Innanzitutto i nuovi preliminari officiati da Roberto Fico, magari seguiti da effusioni osé tra l’Autoreggente e Dibba, ammiccamenti tra Franceschini e Taverna, abboccamenti tra Renzi e Casaleggio, torbide profferte tra Orlando e Toninelli e persino un sobrio fidanzamento in casa, da ligi democristiani, tra Casini e Di Maio. Senza ovviamente sottovalutare i ménage à trois, quatre e cinq con i Grasso, D’Alema, Bersani e Boldrini (di cui comunque servono i voti) e, ciliegina maliziosa, un imperdibile tête-à-tête sui fallimenti bancari tra Lannutti e la Boschi.
Insomma, questo nuovo incarico da scongelamento serve a solleticare il richiamo della foresta degli inflessibili oppositori #senzadime atavicamente proni ad imbullonare i lombi almeno su qualche strapuntino.
Ma se si metterà in moto la transumanza dalle colline di Scandicci, toccherà decidere sul serio a chi affidare il delicato compito di distribuire le greppie, in quanto è improbabile che sarà Fico il Domus del baccanale.
Occorre trovare uno neutrale, non sospettabile di favoritismi verso una delle parti. Personalmente avrei un modesto suggerimento, una lucida farneticazione, agli aventiniani pentiti: fatevi ricevere da Mattarella nottetempo e dichiaratevi disponibili ad una coalizione di governo col M5S a patto che il presidente del Consiglio sia nessun altro che Federico Pizzarotti.
Chi mai potrebbe contestare nel M5S un illustre grillino della prima ora, apprezzato sindaco di Parma, colui che con una clamorosa vittoria fu il primo a dare una consistenza elettorale di caratura nazionale ad un neonato movimento di protesta?
Se non altro a Palazzo Chigi albergherebbe un professionista che in vita sua ha lavorato (al contrario di Renzi, Salvini e Di Maio), che ha esperienza di amministrazione e che ragiona con la propria testa, senza farsi portare al guinzaglio da Casalino. E se mai si finisse a litigare sul granitico Contratto di governo a cui stanno lavorando gli ineffabili esperti non c’è da crucciarsi. Esattamente al pari del programma elettorale del M5S, solennemente approvato col voto della (ggg)gente on line, si potrà sempre riscrivere secondo le convenienze, gli espedienti, le evoluzioni politiche e gli umori dei capoccia. Come la storia nell’orwelliano 1984.
(Fabio Scacciavillani – maggio 2018)
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