Il rapporto con la sofferenza



La sofferenza è sicuramente uno degli elementi che appartengono all’esistenza.
Una parte di essa è fuori dalle possibilità d’intervento degli esseri umani, perché ha cause sulle quali è difficile poter agire, ma ci sono moventi sui quali sicuramente è possibile operare quantomeno per attenuarne gli effetti.
Molto possiamo fare ad esempio sulla riduzione della povertà e della denutrizione con una politica capace di migliorare la produttività del Pianeta e di ridistribuire con giustizia ed equità i suoi frutti.
Se solo fossimo capaci d’investire in agricoltura e nella produzione di beni alimentari tutti i fondi che oggi destiniamo in maniera dissennata alla creazione delle armi, certo ridurremmo la sofferenza di chi muore per fame, ma anche quella di chi deve lasciare il luogo in cui è nato e nel quale vorrebbe vivere o di quanti sono costretti a seppellire i morti delle tante guerre che vengono combattute in modo dichiarato o asimmetrico nel mondo.
In questo periodo in Molise c’è un dibattito molto articolato sul futuro dell’organizzazione della sanità in una regione in cui la sofferenza per malattia è davvero molto diffusa.
È chiaro che le modalità di vivere i tanti aspetti dolorosi di certe patologie è direttamente proporzionale all’efficienza del servizio sanitario di cui dispone la persona che ne è affetta.
Le disuguaglianze di prevenzione e cura delle malattie sono presenti in ambito globale, ma anche sul piano locale così come rispetto al livello economico dei soggetti malati.
In questi giorni nella nostra regione si fa un gran parlare sulla necessità di ridurre la mobilità passiva, ma certo non riusciremo a farlo se non organizzando finalmente una seria indagine epidemiologica, potenziando i servizi di educazione sanitaria nelle scuole, di prevenzione delle malattie e di cura delle stesse con centri tecnologicamente attrezzati per le acuzie e con una medicina territoriale e domiciliare che ad oggi non solo non si organizza razionalmente rispetto alle esigenze del territorio, ma non si riesce ancora neppure a definire e descrivere nelle intenzioni attuative.
La via intrapresa che sembra vedere nella sanità privata convenzionata il canale privilegiato di erogare i servizi di assistenza è sicuramente inaccettabile perché approfondisce proprio le disuguaglianze di cura e non dà per il futuro le certezze che solo una sanità pubblica, sganciata dal profitto, può assicurare.
Pensate ad esempio a quanto poco si stia facendo da noi per dare servizi efficienti nel pubblico in specialità quali l’oculistica, l’odontoiatria, la radioterapia, la fisioterapia e guardate che potremmo andare avanti nelle esemplificazioni.
Questa rinuncia a prestazioni di qualità nel pubblico in tali settori è qualcosa che deve interrogare ovviamente il nostro spirito critico e portarci ad invertire la tendenza.
In questi ultimi anni stiamo seguendo lo strazio di persone a noi legate da rapporti di amicizia che hanno familiari alle prese con patologie di carattere tumorale o con il coma.
La disuguaglianza nella disponibilità di strutture di cura sul territorio, di tecnologia, di terapia mirata, di sistemi avanzati d’intervento chirurgico e di approccio psicologico ed umano, ma anche il blocco del turnover spesso creano situazioni ingestibili.
Per il cancro ed il coma, cui facevamo riferimento e che sono fonte di grande tormento psicologico, affettivo ed umano per chi ne è affetto e per i familiari, spesso sono necessarie forme di hospice in strutture adeguate, ma in molti casi è possibile intervenire con servizi domiciliari che bisogna attivare in maniera funzionale, perché, quando è possibile, dobbiamo permettere a chi è colpito da tali infermità almeno di viverle tra l’affetto dei propri cari all’interno della famiglia e dell’ambiente di vita.
Da poco si è celebrata in tutta Italia la XV Giornata Nazionale del Sollievo.
In realtà ancora non stiamo operando in modo adeguato per alleviare la sofferenza fisica, psicologica e morale di quanti, affetti da patologie ormai non più curabili, hanno bisogno di cure palliative e della terapia del dolore perché possano ultimare il loro percorso di vita con la maggiore serenità possibile.
In Molise nel 2002 la ASREM ha istituito, con sede a Larino, l’hospice “Madre Teresa di Calcutta”, una struttura pubblica con sedici posti letto per accogliere in una forma di ospedalizzazione domiciliare i malati terminali insieme ad un familiare accompagnatore in camere dotate di ogni confort.
Tutte le info sull’hospice sono all’indirizzo http://www.hospice.molise.doloredoc.it/home .
Si tratta di un’iniziativa importante, ma non sufficiente logisticamente su un territorio con grandi difficoltà di movimento sul piano della viabilità e dei trasporti.
È necessari pertanto pensare almeno ad altre due unità simili nelle aree del Molise centrale e soprattutto riconsiderare un servizio medico ed infermieristico articolato territorialmente per assicurare servizi palliativi domiciliari che sappiamo tutti essere quelli ideali anche in ragione della possibilità che il malato terminale possa continuare la sua esistenza nell’ambiente della sua famiglia di origine dove esiste il supporto più grande che è quello dell’affetto dei propri cari.
Intorno a tali necessità deve muoversi anche il mondo del volontariato e del Terzo Settore.
Qui l’appello è rivolto soprattutto alle Caritas Diocesane del Molise perché attraverso i propri volontari si facciano carico soprattutto dell’aiuto psicologico, umano, ma anche spirituale, per chi lo desideri, per le famiglie che vivono spesso con angoscia il dramma della malattia e della sofferenza.
Per chi soffre le cure sono importanti, ma anche l’affetto e l’amore degli altri possono essere un aspetto indispensabile della terapia.
Si tratta di un obiettivo a nostro avviso raggiungibile certo con decisioni di carattere sociale e politico, ma anche con una forte diffusione della cultura della solidarietà anche come condivisione della sofferenza.

(Umberto Berardo – 30 maggio 2016)

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