Amoralità dilagante



Amoralità dilagante

Ogni volta che nel mondo finanziario c’è un crac annunciato, voluto o provocato per biechi calcoli speculativi ed alcuni ne pagano lo scotto in termini economici e talora anche sul piano umano le grida contro un mondo che si è costruito regole a proprio uso e consumo si levano forti fino al cielo.
I disastri economici, che provocano anche suicidi di malcapitati trovatisi all’improvviso senza più un patrimonio costruito magari con sacrifici di tutta una vita, non sono casuali, ma parte di un sistema economico costruito da chi ha fatto errori d’investimento, ha tentato speculazioni azzardate o vuole guadagnare soldi facili ed a buon mercato.
A livello internazionale potremmo ricordare la grande crisi del 1933, i default argentini, il disastro dei mutui sub prime negli Stati Uniti, la recente grave situazione della Grecia, così come da noi non possiamo dimenticare ciò che è accaduto con Alitalia o con Parmalat.
La situazione di crisi, provocata di recente in quattro banche italiane sulla quale è intervenuto il governo con un decreto che è riuscito a salvare lavoratori e correntisti, ma finora non i sottoscrittori di azioni ed obbligazioni e sul quale francamente ci auguriamo che la magistratura faccia piena luce, pone ancora una volta sulla stampa interrogativi e tentativi di soluzione che onestamente ancora una volta ci sembrano iscritti ad un capitalismo selvaggio che è perfino la brutta copia di quello degli albori.
Dire, come fanno alcuni giornali, che occorre elevare la cultura economica e finanziaria della popolazione perché possa fare scelte più consapevoli o che è necessario pensare a consigli di amministrazioni di imprese e banche non più formati solo da rappresentanti scelti dagli azionisti, ma anche da rappresentanti designati dalla società civile, che è indispensabile separare le banche commerciali da quelle di risparmio o che ancora una volta si devono nominare commissioni parlamentari d’inchiesta è davvero a nostro avviso di una ingenuità macroscopica.
Molti abbaiano contro la politica, accusata di non aver vigilato sulle schifezze che determinati operatori finanziari hanno messo in atto ai danni di ingenui risparmiatori e di non aver provveduto ad una regolazione decente del sistema bancario e borsistico.
Che senso ha fare simili appunti quando sappiamo bene che i governi non hanno più base democratica, ma sono espressione del potere finanziario che li sostiene e li orienta nelle decisioni?
Sappiamo che c’è chi ha provato a fare il discorso di una possibile finanza ispirata a principi innovativi provando a far nascere istituti di credito alternativi definiti “banche etiche”; conosciamo, tuttavia, le difficoltà di una loro diffusione territoriale soprattutto nel Mezzogiorno ed anche questo è un dato che dovrebbe farci riflettere sul pensiero unico che in economia è penetrato purtroppo in quasi tutta la società civile.
Il discorso allora, a nostro avviso, deve necessariamente diventare più ampio e riguardare l’intero sistema economico e finanziario sul quale si fondano le attuali collettività.
È impossibile accettare anzitutto l’attuale globalizzazione dei mercati che, servendosi di una deregulation pressoché totale, vede in molti paesi una negazione dei diritti più elementari dei lavoratori.
L’altra cosa inaccettabile è la nuova e profonda disuguaglianza sociale generata da una sproporzione illimitata tra redditi da lavoro e quelli da capitale che ha finito per concentrare la ricchezza mondiale in pochi soggetti e provocare una povertà sempre crescente nella stragrande maggioranza della popolazione mondiale.
La verità è che l’economia neoliberista, che permette speculazione, profitti sconsiderati, elusione ed evasione fiscale, è marcia alla radice avendo perso le regole base del concetto di bene comune che talune scuole di pensiero filosofico, politico e religioso hanno cercato di individuare nei valori della condivisione, della giustizia sociale, della fraternità e dell’eguaglianza.
A noi pare che il neoliberismo sia profondamente deteriorato sul piano antropologico in quanto percorso da un’amoralità dilagante che non è indifferenza alle regole, ma un sistema di comportamento disumano profondamente voluto ed imposto alla società.
Parliamo di banche, di profitti e di risparmio.
Siamo consapevoli che in Italia migliaia di famiglie conoscono solo la parola povertà?
Al di là, allora, delle soluzioni provvisorie sopra elencate che attraversano in questi giorni gli editoriali di molti giornali, noi crediamo che certamente occorra porre un argine ai disastri che il mondo finanziario sta provocando tra il silenzio complice di molte istituzioni, ma siamo anche convinti che bisogna ricostruire un tessuto sociale dove il rapporto tra gli esseri umani si misura mettendo al primo posto le necessità delle persone piuttosto che quelle delle banche e delle imprese.
Ricostruiremo un’economia dal volto umano solo quando ci convinceremo che la persona è superiore al denaro.
È allora che potrà finire l’egoismo di chi sceglie la ricchezza, essendo disposto per essa anche a distruggere nella dignità il proprio simile.

(Umberto Berardo – 18 dicembre 2015)

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