Buio tetro nel Mezzogiorno



La questione meridionale come situazione di difficoltà economiche e sociali delle regioni del Mezzogiorno della penisola italiana ha origini antiche e cause controverse sul piano ideologico, politico, sociale ed economico.
Paradossalmente l’Unità d’Italia ingigantisce il problema.
Ancora oggi crediamo che l’analisi di Gramsci e Salvemini che vedevano nella miseria una componente sistemica del capitalismo sia quella più convincente sul piano storiografico, soprattutto in considerazione del fatto che, ad esclusione di una pseudo riforma agraria e di una Cassa per il Mezzogiorno come organismo clientelare, le regioni meridionali non hanno fin qui trovato una soluzione accettabile alle loro difficoltà rimanendo il fanalino di coda di uno sviluppo avutosi prevalentemente al Nord.
I dati pubblicati di recente da Svimez sono davvero preoccupanti.
Nel Sud la crescita arranca e negli ultimi tredici anni è appena del 13% ed è pari alla metà di quella greca.
Gli indicatori socio-economici dicono con chiarezza che la crisi industriale delle regioni meridionali, soprattutto nel settore manifatturiero, è davvero pesante ed ha visto gli investimenti nel settore addirittura dimezzarsi.
Il PIL pro capite annuale è bassissimo tanto che il 62% degli abitanti al Sud ha guadagnato lo scorso anno meno di dodicimila euro rispetto ai 28,5% del Centro-Nord.
Il numero degli occupati nel 2014, a livello più basso dal 1977, era di 5,8 milioni ed il rischio di povertà coinvolge ormai un abitante su tre a differenza del Nord dove lo stesso indice è di uno su dieci.
Il Molise è tra le regioni con i dati più preoccupanti al punto che in tredici anni il Pil da noi è diminuito del 19,1% , abbiamo bruciato più di 8 mila posti di lavoro in un solo anno ed il tasso di disoccupazione supera ormai il 25%.
Tutto questo nel Mezzogiorno ha necessariamente come conseguenza un forte calo dei consumi interni, una gravissima crisi demografica dovuta al calo delle nascite ed alla fuga di giovani cervelli che cercano ovviamente lavoro altrove e difficoltà notevoli di sopravvivenza per chi continua a viverci.
Di fronte ad un momento così difficile che sembra distruggere completamente la realtà economica occorre riflettere seriamente ed in maniera creativa.
Il Meridione d’Italia è parte dei tanti Mezzogiorni che in generale nel mondo ha creato un capitalismo che non guarda al bene delle persone, ma unicamente al profitto e ciò che accade a livello borsistico in questi giorni ne è l’ennesima dimostrazione.
La prima cosa da fare è ovviamente combattere lo scetticismo e ricostruire una solida cultura del lavoro nei giovani, che certo devono essere incentivati con aiuti di natura economica e strutturale, ma occorre che entrino in una mentalità imprenditoriale fondata su idee e progetti di autopromozione senza aspettare necessariamente investimenti provenienti dall’esterno.
Il secondo obiettivo da darsi è quello di combattere malavita e corruzione che soprattutto al Sud penalizzano la crescita.
La promozione finanziaria ed infrastrutturale deve prevedere un miglioramento dei crediti bancari a tasso agevolato, visti gli aiuti che le banche hanno avuto dalla BCE negli ultimi anni, uno sviluppo delle reti di comunicazione a partire da quelle ferroviarie, stradali, aeree e telematiche.
Se diamo uno sguardo ai settori economici in espansione ed in recessione, non c’è ombra di dubbio che al Sud occorre puntare su quelli dell’agricoltura, allevamento ed artigianato di qualità, su un turismo di natura paesaggistica e culturale e su un’industria fortemente collegata a tali settori oltre a quello dell’economia della conoscenza.
Anche i fondi destinati alle cosiddette “Aree di crisi” vanno utilizzati per finanziare progetti di sviluppo concreti e fattibili piuttosto che per pagare ore di cassa integrazione che, oltre che non dare dignità alle persone, non hanno alcun effetto sullo sviluppo; ridurre poi l’area di crisi nel Molise ai soli distretti di Venafro, Isernia e Boiano sarebbe ancora una volta una penalizzazione delle aree interne.
Esempi di promozione della cultura del lavoro tra i giovani nel Mezzogiorno ce ne sono molti e vanno per esempio dalle Fondazioni di Comunità alle associazioni di promozione di fattori naturalistici, storici e culturali del territorio fino ad iniziative di imprese cooperative o a finanziamenti con microcrediti a progetti di star-up di giovani talenti come quello in Puglia denominato “Bollenti spiriti”.
Tra gli esempi di promozione dell’auto imprenditorialità non va assolutamente taciuta l’esperienza del “Progetto Policoro” con cui dal 1995 la CEI sostiene giovani delle regioni meridionali che vogliono spendere le proprie qualità per lo sviluppo del territorio e la promozione dell’avvenire delle nuove generazioni.
Noi non sappiamo se ancora la politica abbia voglia di scommettere su uno sviluppo eguale di tutti i territori, ma chi crede in questa idea ha il dovere di sostenere in ogni modo tutte le iniziative presenti all’orizzonte.

(Umberto Berardo – 27 agosto 2015)

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