Gesù Cristo dalle tentazioni alla resurrezione



Gesù Cristo dalle tentazioni alla resurrezione

La lettura dei passi evangelici che accompagnano il percorso quaresimale dei cattolici in preparazione della Pasqua si apre con le tentazioni di Gesù da parte del diavolo dopo quaranta giorni di digiuno.
Non ci fermeremo su disquisizioni teologiche relative alla figura di Satana come un essere reale, origine ed interprete del male nel mondo, o visto in un linguaggio figurato come una personificazione tendente ad esprimere la realtà e la portata del male stesso nell’universo.
Vorremmo tentare una lettura del passo evangelico in Matteo 4,1-11 cercando di coglierne simbolicamente le tentazioni che accompagnano costantemente nella storia la figura di Gesù di Nazareth durante la sua vita in questo mondo, ma anche nei secoli successivi, dalle stesse comunità dei credenti.
Le tentazioni sono quelle di persone che, fuori dal suo ruolo messianico di figlio di Dio affermato in tutta la sua comunicazione della parola del Padre, vorrebbero vedere il suo modo di essere messia funzionale agli interessi particolari.
Così durante la sua vita alcuni lo scambiano per uno zelota o provano a farlo re di un regno su questa Terra o appunto, come nel deserto il diavolo, amerebbero inquadrarlo nell’immagine di chi assume un ruolo immaginifico capace di suscitare stupore, meraviglia, garantendo sicurezza, benessere e magari ricchezza con il potere.
Le tentazioni nel deserto di un’esistenza orientata al male sono quelle di spostare la figura di Gesù dalla sua proposta chiarissima nelle Beatitudini verso dimostrazioni eclatanti come la trasformazione di pietre in pani o il gettarsi dal tempio per dimostrare che il Padre lo avrebbe salvato o infine verso la logica della ricchezza e del potere.
Siamo chiaramente di fronte alla strumentalizzazione di Dio chiamato a dimostrare la sua divinità attraverso l’avere, l’apparire e la potenza.
Si tratta di idoli che non appartengono alla forza della Parola ed alla fedeltà al primato di Dio, il quale chiama alla libertà di scelta, alla condivisione ed all’amore per l’altro.
Oggi come ieri nessuna comunità di credenti è al riparo da queste tentazioni di continuare a provocare, usare e strumentalizzare Dio in funzione di un ruolo che dovrebbe benedire e giustificare perfino l’ingiustizia, la discriminazione e la guerra.
Il rifiuto delle categorie della ricchezza, del prestigio e del dominio e l’affermazione dei valori del servizio, della condivisione e dell’uguaglianza sono sicuramente tra le cause che portano Gesù alla morte in croce.
Di fronte alla tentazione della via egoistica e mondana, Cristo sceglie il passaggio per una via difficile che è quella della croce, ma la sua resurrezione è proprio la testimonianza della vittoria della verità dell’amore sugli idoli e sulla miseria ideale ed etica che spesso attraversa le strade del mondo.
Nei giorni scorsi padre Antonio Germano, nostro carissimo amico e missionario saveriano in Bangladesh, ci ha inviato la testimonianza di un suo confratello,Vittorio Bongiovanni, che vive da trentotto anni in Sierra Leone e che sostanzialmente comunica la scelta esistenziale di chi crede che ciò che conta davvero nella vita è mettersi al servizio degli altri e del bene comune così come ci guida a fare appunto il Gesù che si ritira nel deserto lontano dal superfluo e dall’effimero per scegliere l’essenziale, cioè l’amore.
Oggi la tentazione forte che la Chiesa ed ogni cristiano deve superare è a nostro avviso proprio quella di strumentalizzare Dio e sottometterlo agli interessi particolari.
Così capiremo che la redenzione come uscita dal male non può venirci dal benessere materiale egoistico, ma solo dalla capacità di condividere i beni naturali e quelli che produciamo.
Noi cristiani pensiamo che un tale obiettivo si raggiunga con la “conversione” cioè con il rifiuto del male e con la scelta di operare per il bene.

(Umberto Berardo – 24 marzo 2015)

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