Selma



Non eravamo molti in sala a vedere il film della regista afroamericana Ava Du Vernay, ma un gruppo nutrito di giovani alla fine della proiezione si è levato in piedi per un applauso non fragoroso, ma prolungato.
In effetti “Selma, la strada della libertà” è davvero un grande film.
La pellicola rievoca le marce del popolo afroamericano da Selma a Montgomery, capitale dello stato dell’Alabama governato dal razzista George Wallace, per rivendicare l’iscrizione nel registro degli elettori.
Sarà l’inizio delle lotte per i diritti civili che hanno visto negli Stati Uniti il movimento violento del “Black Power ” di Malcom X e quello non violento e d’integrazione razziale di Martin Luther King.
“Selma” racconta appunto la lotta pacifista degli afroamericani nel 1965 quando, repressi dal potere dopo una prima marcia successiva all’uccisione del giovane Jimmie Lee Jackson da parte della polizia, trovano poi la solidarietà anche di molti bianchi e così, nonostante le violenze razziste del klu klux klan, riescono ad ottenere finalmente dal presidente Lyndon B. Johnson il diritto di voto.
Il racconto pone al centro le diverse componenti della protesta che vanno dai movimenti religiosi a quelli studenteschi fino al mondo contadino ed operaio.
Anima delle lotte è Martin Luther King, insignito del premio Nobel per la pace ad Oslo.
Questo pastore battista, ispirato dall’attivismo non violento di Ghandi, diventa il riferimento delle lotte non violente per i diritti civili che, prima di essere ucciso a Memphis nel 1968, riuscirà almeno in parte ad ottenere.
La pellicola esce in un momento di grandi tensioni che ancora una volta negli Stati Uniti pongono il potere e la polizia in stato di sfida verso talune rivendicazioni del popolo afroamericano.
È un film che riporta la violenza del potere e quella della polizia, ma anche la forte volontà degli oppressi a conquistare i diritti civili e politici.
È anche il racconto della fragilità di King di fronte a scelte difficili che spesso lo pongono in attrito con la moglie Coretta o in contrasto con altri esponenti del movimento, anche se la sua saggezza finisce sempre per illuminare gli eventi.
Il film ha sicuramente uno spessore storico rilevante, ma davvero sarebbe anche utile per i giovani che vogliono avvicinarsi al pensiero di Martin Luther King la lettura del suo volume “La forza di amare” pubblicato in Italia dalla SEI nel 1963 o di “I have a dream” per i tipi di Mondadori nel 2001.
Il primo è sicuramente uno dei libri più belli tra quelli che abbiamo letto.
Dopo la visione di “Selma” abbiamo riflettuto a lungo sul percorso storico relativo alle conquiste sociali, civili, culturali e politiche.
Molte sono state purtroppo ottenute attraverso azioni violente.
Pensiamo, per fare solo qualche esempio, alle guerre contro i Persiani delle Polis greche o alla Seconda Guerra Mondiale contro il Nazismo per l’ottenimento della libertà; alla Rivoluzione Francese per abbattere il potere assoluto ed incamminarsi verso nuove forme di organizzazione sociale e politica; alla rivoluzione armata in America Latina per abbattere dittature e liberare il popolo dalla povertà.
Altri traguardi storici sono stati il frutto del pensiero e dell’azione di non violenza attiva come la denuncia, la disobbedienza civile, la non collaborazione, la mobilitazione sociale.
Pensiamo al riguardo, oltre alle manifestazioni degli afroamericani, ai tanti movimenti di massa che hanno permesso ai cristiani di ottenere il diritto alla professione della propria fede religiosa nell’impero romano, all’India di raggiungere l’indipendenza dall’impero inglese, alle donne di ottenere il diritto di voto, ai vietnamiti di pervenire alla pace, alla lotta di milioni di poveri grazie ai quali lo Scià di Persia dovette lasciare il potere, al movimento giovanile che ha raggiunto la distruzione del muro di Berlino.
Certo le sconfitte per il movimento pacifista non sono mancate, come in Cile con l’uccisione di Salvador Allende, in Medio Oriente dove la violenza sembra non trovare fine, in Piazza Tienanmen o oggi in Ucraina, in Somalia, in Nigeria, in Iraq, in Siria e proprio di recente a Mosca con l’assassinio di Boris Nemtsov.
I conflitti nel mondo sembrano diffondersi e proliferare.
Quello che manca è proprio la coscienza della moltitudine che ha bisogno continuamente di studiare le forme migliori di difesa popolare non violenta e di manifestazioni di urto e di dissuasione nei confronti di quanti oggi diffondono violenza ed orrore, picconano le opere d’arte ed incendiano libri, massacrano popoli indifesi, negano i diritti, impediscono la realizzazione di una vera democrazia o cercano addirittura di determinarne il tramonto sostituendola con pseudo concetti di governabilità che altro non sono se non oligarchie a guardia e difesa di una ricchezza finanziaria di pochi che sta generando miseria per tanti e profonde diseguaglianze.
Anche gli organismi internazionali di governance, che sono nati dopo la seconda guerra mondiale, devono essere rivisti nella struttura e nei regolamenti cercando di renderli efficienti nella soluzione dei gravi problemi che quotidianamente si affacciano all’orizzonte.
La visione del film Selma può sicuramente aiutare la riflessione in questa direzione.

(Umberto Berardo – 1 marzo 2015)

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