Educazione e cittadinanza attiva



Mentre scriviamo, abbiamo appena appreso dell’attentato terroristico a Parigi che avrebbe provocato dodici vittime.
Se accadono episodi di tale violenza per attentare alla vita di altre persone, qualunque sia il motivo di chi organizza tale strage, è evidente a tutti che ormai viviamo un’epoca in cui il rispetto della vita umana e della sua inviolabilità è venuto meno soprattutto per opera di soggetti la cui personalità evidentemente non è fondata sui principi della libertà, della responsabilità, dell’attenzione per l’altro e della garanzia dei diritti fondamentali per tutti.
Non c’è ombra di dubbio che chi semina morte non è stato educato, ma imbottito ideologicamente ed educato al fanatismo, al razzismo ed alla discriminazione.
Sicuramente molte sono le scintille che provocano gli incendi della violenza e tra esse non vanno dimenticati l’inequità delle relazioni economico-sociali a livello interpersonale ed internazionale, come anche la faziosità ed il settarismo di chi è incapace di rispetto del pensiero altrui e di confronto multiculturale; ma l’intolleranza che genera morte all’altro, in maniera da lasciar pensare che questo è l’unico sistema per risolvere i conflitti, è francamente inaccettabile in una comunità che voglia definirsi civile.
Di fronte a simili episodi abbiamo tutti il dovere di interrogarci sul modello di formazione della personalità che mettiamo alla base del processo educativo.
Tutte le agenzie dovrebbero impegnarsi nell’intero corso dell’esistenza a strutturare un’educazione permanente in grado non solo di maturare un bagaglio culturale fondato su un sapere già costruito nel passato, ma soprattutto a lavorare pedagogicamente e didatticamente per aiutare ogni donna ed ogni uomo ad acquisire facoltà ed abilità che aiutino a risolvere in modo costruttivo, razionale e positivo qualsiasi problema si affacci all’orizzonte della propria esistenza.
Un tale modo di concepire il processo pedagogico – didattico, fondato sulla ricerca problematica e non violenta delle soluzioni ai conflitti, sulla costruzione dello spirito critico e sulla maturazione del rispetto della libertà di pensiero, garantirà in ogni persona il raggiungimento di elementi positivi della psiche e dell’intelletto come la creatività, l’immaginazione e l’amore per l’altro.
Grandi pedagogisti come Lev Tolstoj, Ivan Illic, Paulo Freire e don Lorenzo Milani ci hanno insegnato che il principio fondamentale alla base del processo educativo è proprio il rispetto della personalità di chi vi è inserito e la costruzione di un pensiero creativo e sciolto da qualsiasi vincolo di natura autoritaria.
La famiglia, la scuola ed altre agenzie educative come i giornali, la televisione o internet purtroppo seguono altri criteri che sono quelli del consumismo, dell’automatismo, del clientelismo e della tecnologia fine a se stessa che diventano metodi per creare soggezioni subdole, soggetti indottrinati e dominati più che cittadini liberi e pensanti.
Si comincia con i bambini guidati non a costruire giocattoli, ma ad utilizzare quelli acquistati; si va avanti con gli allievi in età scolare abituati a servirsi ormai quasi esclusivamente della tecnologia più che a costruirsi sistemi mentali legati alla logica ed al ragionamento; si continua poi con gli adulti resi incapaci di autonomia produttiva ed addestrati da una pubblicità subdola ad essere fabbricanti e consumatori acritici di prodotti di un mercato funzionale al profitto più che al benessere fisico ed alla felicità personale; infine si arriva alla terza e quarta età verso le quali si smette perfino di pensare all’istruzione ed all’educazione per parlare unicamente di cura in Residenze Sanitarie Assistite o in Case di Riposo, spesso nate come ghetti per liberarsi di chi soffre ed è in stato di bisogno.
Il sistema economico e quello politico sono poi tra i più negativi sul piano educativo.
Sostengono che bisogna dare spazio al merito, avere trasparenza nell’attribuzione degli incarichi di lavoro e garantire piena occupazione o almeno un reddito di cittadinanza per tutti, ma poi inventano e diffondono in televisione, su internet, nelle sale o presso qualsiasi edicola o tabaccaio giochi e macchine per dare l’illusione della ricchezza a buon mercato, per diseducare alla cultura del lavoro e magari prometterlo all’infinito e garantirlo solo temporaneamente per creare clienti elettorali a vita e non persone con un pieno diritto al lavoro come prevede la nostra Costituzione.
Il lavoro non è più qualcosa di dovuto, perché bene costruito per tutti dalla fatica collettiva, ma si vorrebbe trasformare anch’esso in proprietà privata dell’imprenditore nel settore privato e delle forze politiche in quello pubblico.
Tale modo di pensare ha costruito il pensiero unico di una società ormai assuefatta all’idolatria del denaro e del potere.
Quello che sconcerta è che il sistema educativo sembra diventato impotente a liberare l’essere umano dalla schiavitù ideologica per renderlo cosciente dei propri diritti, cittadino libero e responsabile, ma anche persona capace di rompere le logiche assurde di una società che rende tanta parte dell’umanità schiava degli idoli e perfino dei propri simili.
Se l’opinione pubblica sembra più disponibile a seguire i venditori di frottole piuttosto che crearsi libertà di pensiero e creare sinergie per la trasformazione della società verso l’egalitarismo e la giustizia, vuol dire che l’elaborazione del pensiero e delle strategie in merito fa veramente fatica a trovare gli strumenti di azione, forse anche a causa dell’inerzia di ciascuno di noi.

(Umberto Berardo- 7 gennaio 2015)

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