Ancora una volta vince l’astensionismo?



Archiviate le elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria, il dato che salta subito all’occhio di tutti è l’astensionismo che continua a crescere e che in questo caso ha raggiunto il 55,93% nella seconda regione ed addirittura il 62,3% nella prima.
Chiunque dovrebbe vedere un tale risultato come semplicemente allarmante.
Renzi dice che il calo dell’affluenza alle urne è “un problema secondario” e tale dichiarazione francamente non ci meraviglia dalla bocca di uno che non cerca il rafforzamento della partecipazione e della democrazia, ma unicamente il potere, come ormai dimostra con il suo comportamento nello stile del governo e di gestione del partito di cui è segretario.
Il presidente del consiglio sostiene che nelle ultime tornate elettorali ci sono state cinque vittorie, ma non si preoccupa di riflettere sul fatto che le percentuali del consenso avute sono sempre più basse, perché appunto riferite ad un numero di votanti che continua a calare paurosamente.
Qualcuno dovrebbe spiegargli ad esempio che con il 49,05 Stefano Bonaccini rappresenta meno del 20% dei cittadini dell’Emilia Romagna, dove appunto ha votato solo il 37,67%
Saranno pure elezioni regionali, ma in quest’ultima tornata ci sono partiti che si sono letteralmente sciolti come neve al sole ed altri che, cavalcando l’onda del malcontento e della protesta hanno raccolto frutti davvero impensabili fino a pochi mesi fa.
Purtroppo il numero dei seggi ottenuti in qualsiasi istituzione elettiva non è ancora proporzionale alla percentuale di voti ottenuti in relazione al numero dei votanti e dunque l’astensione può preoccupare in assoluto chi perde consensi e non riesce ad eleggere propri rappresentanti, ma non impensierisce certo le forze politiche che, sia pure diminuendo i voti, vincono le elezioni.
Il PD, come tutti gli altri partiti, ha diminuito il proprio consenso, ma in ogni caso conserva il potere e governa ed amministra.
Certo la delega ottenuta non ha nulla di paragonabile al legame con una rappresentanza dell’intero corpo elettorale, ma per chi condivide e continua a sostenere i sistemi elettorali esistenti in Italia cosa volete che importi un “dettaglio” del genere?
L’astensione dal voto ha diverse spiegazioni che possono andare dall’apatia alla non accettazione dei sistemi elettorali, al disincanto rispetto al comportamento delle classi dirigenti fino alla protesta nei confronti dei tanti amministratori indagati o condannati.
Il peggiore titolo a nostro avviso che un giornale possa fare dopo una tornata elettorale è sicuramente questo: “vince l’astensionismo”.
Noi crediamo che anche chi vede nell’antipolitica un antidoto alla corruzione, al malcostume ed all’inettitudine debba convincersi che con le leggi elettorali in corso ed anche con quelle che si delineano all’orizzonte le diverse forme di astensione finiscono spesso proprio per premiare soggetti e forze politiche che si vorrebbero invece punire o addirittura cancellare.
Il non voto allora non è sicuramente la soluzione.
I cittadini hanno un solo mezzo per sconfiggere la mala politica e per rinnovare le classi dirigenti: devono tornare ad organizzarsi ed a cercare nuove forme di gestione dei problemi della collettività locale e nazionale che non possono essere più affidate a deleghe attribuite con sistemi elettorali che nulla hanno più di democratico e di rispetto della volontà popolare.
Come operare?
La necessità è quella di organizzare comitati, scuole o istituti di formazione politica come luoghi di crescita culturale, gestionale e tecnica, ma anche come sistemi per riportare alla base la proposta politica a partire da leggi elettorali che ancora una volta non possono essere quelle che i signori del potere vorrebbero farci digerire.
La verità è che gli italiani stanno solo subendo decisioni elitarie a livello culturale, istituzionale, economico e sociale.
L’astensione dal voto è ancora una volta un atteggiamento negativo, perché è rinuncia alla lotta, all’impegno ed alla proposta.

(Umberto Berardo – 24 novembre 2014)

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