I lavori del Sinodo dei vescovi sulla famiglia



Si è concluso da alcuni giorni il Sinodo dei vescovi sulla famiglia dopo un cammino di riflessione sul tema iniziato a Torino nel settembre 2013 con la 47^ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani e riproposto dal papa alle chiese locali attraverso la guida di un questionario inviato lo scorso autunno a tutti i pastori perché lo utilizzassero per coinvolgere i laici ed il clero nella discussione relativa alla pastorale della comunità cristiana su un sacramento così importante come quello del matrimonio e su questioni che riguardano aspetti connessi alle relazioni di accoglienza e di amore verso persone che vivono unioni diverse dalla famiglia cristiana.
I mass media hanno avuto valutazioni molto articolate del documento conclusivo, accentuando chi gli aspetti di apertura verso forme di legami affettivi diversi da quelli consacrati da un sacramento tipici del matrimonio cattolico, chi, al contrario, mettendo in evidenza la discussione serrata tra i membri del Sinodo stesso su taluni punti in discussione; non sono mancati neppure quelli che hanno tentato di travisare talune affermazioni del consesso dei vescovi..
Il documento conclusivo dei lavori è scaturito, come sappiamo, da un dibattito per certi aspetti anche sofferto, ma sempre sereno su tematiche che impegnano la Chiesa in una riflessione teologica e pastorale che, si capisce chiaramente dal testo e dagli esiti delle votazioni sui singoli punti, ha bisogno di confronti ulteriori e che perciò rimanda, per le decisioni conclusive in merito, al Sinodo dell’ottobre del prossimo anno.
La III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, tenuta a Roma dal 5 al 19 ottobre su “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, era costituita da 253 componenti, tra ecclesiastici e laici, di cui 191 erano i padri sinodali e 62 gli invitati, tra i quali 38 uditori, 8 delegati di altre chiese e 16 esperti; tra i laici c’erano 13 coppie di sposi.
La “Relatio Synodi” è un documento che sintetizza punto per punto tutte le questioni affrontate nella discussione con i risultati delle votazioni su ognuno di essi.
Rispetto ad un contesto socio-culturale che vede prevalere tanta solitudine, forme di matrimonio o di unioni con pericoli di relativismi, indifferenza, precarietà di rapporti, narcisismi e fragilità affettive, il documento riafferma il principio che la famiglia fondata sul matrimonio cristiano è quella tra un uomo ed una donna, definisce forme di accoglienza e di amore per tutti e ripropone con forza i principi fondamentali del matrimonio come sacramento che sono quelli dell’unione dei coniugi nell’amore tra loro e con Dio, l’apertura alla trasmissione della vita, la fedeltà reciproca e l’indissolubilità del rapporto con chiari riferimenti agli insegnamenti di Gesù ed ai documenti della Chiesa.
Al punto 47 si sostiene che “particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati, i divorziati, gli abbandonati” e, al punto 51, che ” le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto”; si precisa anche che “prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità”.
Al punto 55 si legge “Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza”.
Il punto 52 lascia irrisolto, in quanto da approfondire, la questione relativa alla possibilità “che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia” dopo un cammino penitenziale o solo a quella spirituale di cui si parla al punto 53.
Tutti i punti in discussione sono stati approvati a maggioranza qualificata dei due terzi ad eccezione dei punti 52, 53 e 55 sui quali la maggioranza è stata solo relativa.
Sabato 25 ottobre su Radio Vaticana papa Francesco ha ripreso le riflessioni del Sinodo affermando testualmente non essere condivisibile “che la famiglia venga colpita e che la famiglia venga imbastardita, come un modo di associazione … Si può chiamare famiglia tutto, no? Quante famiglie sono divise, quanti matrimoni rotti, quanto relativismo nella concezione del Sacramento del Matrimonio. In questo momento, da un punto di vista sociologico e dal punto di vista dei valori umani, come appunto del Sacramento cattolico, del Sacramento cristiano, c’è una crisi della famiglia, crisi perché la bastonano da tutte le parti e la lasciano molto ferita!”.
Il Papa aggiunge anche che si è giunti alla “riduzione del Sacramento ad un rito, che si fa del Sacramento un fatto sociale ed il sociale copre la cosa fondamentale che è l’unione con Dio” ed ancora “Quello che stanno proponendo non è un matrimonio, è una associazione. Ma non è matrimonio! E’ necessario dire cose molto chiare e questo dobbiamo dirlo!”
È chiaro che su talune questioni di natura teologica e pastorale, come accennavamo sopra, la riflessione sulla famiglia continua.
La Chiesa già lo scorso anno, con il questionario inviato alle diocesi per un confronto tra il popolo di Dio, si è aperta al dialogo di base ed ha provato a dare spazio alla collegialità, diventando sempre più una comunità in comunione.
Ora sarebbe auspicabile un’ulteriore apertura.
Poiché il Sinodo dei vescovi ha solo un potere consultivo e non deliberativo, essendo rimessa al Papa ogni decisione sulle questioni sopra esposte, sarebbe bello ed opportuno, a nostro sommesso ed umile modo di pensare da cristiani, se un parere in merito a questioni attinenti la famiglia fosse espresso per il futuro da un’assemblea in cui, oltre al clero, anche i laici a pieno titolo non fossero solo uditori o esperti con diritto di parola, come è sempre avvenuto finora, ma diventassero portatori di espressioni di un voto su problemi che riguardano la famiglia, istituto costituito appunto da laici che ovviamente ne sono tra l’altro gli attori e ne vivono tutti gli aspetti.
Una cosa è certa, a nostro avviso.
La famiglia è un istituto troppo importante per la stessa sopravvivenza della società; pertanto ognuno, credente, agnostico o ateo, ha il dovere di lavorare assiduamente per una definizione chiara della stessa nei principi costitutivi, nei diritti e nei doveri.

(Umberto Berardo – 30 ottobre 2014)

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