Scriviamo da tempo che in Italia la democrazia è finta.
Non c’è ombra di dubbio che gli strumenti della partecipazione siano solamente apparenti o quantomeno estremamente limitati.
Esistono le elezioni, ma i cittadini riescono al più a scegliere il partito, dal momento che le liste bloccate, corte o lunghe che siano, non permettono ormai da anni di decidere all’elettore da chi farsi rappresentare.
Il parlamento italiano è a questo punto composto da novecentoquarantacinque deputati e senatori nominati dai partiti o dal presidente della repubblica.
Se c’è un articolo della Costituzione Italiana che francamente non ci è mai piaciuto è il 59 perché per gli organi rappresentativi bisognerebbe sempre mettere al centro della scelta i cittadini e non il giudizio di un singolo o la nomina a vita che tra l’altro comportano anche dei rischi.
Capirete pertanto che è difficile per noi accettare riforme costituzionali da parte di membri del parlamento non eletti “a suffragio universale e diretto” come recitano gli articoli 56 e 58 della nostra Costituzione.
Una camera ed un senato, frutto di un potere plutocratico di lobbies economiche che ormai hanno sostituito le decisioni di rappresentanza popolari, crediamo non abbiamo il diritto di sentirsi rappresentativi dei cittadini e tantomeno di arrogarsi il diritto di chiamarsi organi costituenti.
Il berlusconismo prima ed il renzismo poi, oggi non casualmente alleati, pur con finti distinguo, ci stanno catapultando in una post democrazia i cui tratti sinceramente ci lasciano davvero perplessi per certi aspetti e preoccupati per altri.
Condividiamo la riduzione del numero dei parlamentari e lo snellimento della procedura di approvazione delle leggi, ma un parlamento svuotato e ridotto a funzioni formali, quali avrebbe ad esempio il futuro Senato disegnato dalla ministra Boschi, è decisamente inaccettabile.
Noi crediamo che le forze di un governo, presieduto per la seconda volta in poco tempo da un non eletto dal popolo, che rifiutano il confronto parlamentare e richiedono il contingentamento dei tempi della discussione con la tagliola stiano commettendo un errore politico madornale, supportato da un’informazione davvero faziosa.
Il PD per ragioni di opportunismo politico ha ormai scelto l’asse con Berlusconi e, pur di mantenere fede al cosiddetto “Patto del Nazareno” ancora enigmatico per la scarsa conoscenza di tutti i suoi tratti, è testardamente deciso a non fare alcuna apertura alle opposizioni che rispondono con un ostruzionismo sbloccabile solo con l’accettazione da parte del governo di almeno tre elementi indispensabili al prosieguo del confronto parlamentare: l’inserimento delle preferenze nell’Italicum, l’abbassamento della soglia di sbarramento e l’elettività dei senatori.
Noi siamo convinti, anche dai dati di taluni sondaggi, che il popolo italiano farà scattare una volontà di partecipazione e di impegno per ridare al sistema democratico nazionale metodi e strumenti di garanzia nelle scelte e nella governabilità, perché anche i tre elementi di cui sopra non sono certo sufficienti.
Una seconda riflessione che vorremmo fare è quella relativa alla fretta con cui il governo Renzi ha posto con priorità assoluta le riforme istituzionali.
A noi sembrano quasi uno scalpo per talune forze politiche da presentare ai propri riferimenti economico-finanziari convinti in tal modo di rassicurare magari i propri partner europei.
Siamo convinti che tale modo di procedere sia davvero un errore molto grave di fronte ad un Paese che si aspetta in via prioritaria la soluzione ai gravi problemi creati nella maggioranza della popolazione italiana dalla grave crisi economica che ci attanaglia ormai da anni e rispetto alla quale non si vede uno straccio di tentativo di soluzione.
Che la favola degli ottanta euro non abbia portato nessuno al principe azzurro lo sanno ormai anche le pietre, soprattutto perché l’operazione dell’attribuzione della somma è stata fatta senza razionalità ed equità.
La situazione economica delle famiglie è ancora molto grave.
L’Italia ha bisogno di due obiettivi immediati: una programmazione economica che ridia speranze occupazionali ed un sistema di rappresentanza che restituisca il potere decisionale ai cittadini.
Di questo e di null’altro dovrebbe rendersi garante il Presidente della Repubblica!
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