L’orizzonte delle istituzioni politiche



L’impasse che stiamo vivendo in questi giorni in Italia nelle difficoltà a mettere in piedi una qualche forma del governo del Paese è la fotografia più reale dell’incapacità che abbiamo a livello locale, nazionale e mondiale a darci strutture di governance capaci di affrontare e risolvere i gravi problemi che ci stanno di fronte sul piano culturale, economico e politico.
Se a questo aggiungiamo l’impatto negativo della corruzione, abbiamo un quadro più completo della dimensione opaca ed amorale della vita politica.
Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che le crisi di diversa natura che stiamo vivendo sono il frutto dei tentativi disastrosi dell’organizzazione sociale prodotti dai sistemi del socialismo statalista e del neoliberismo capitalista, nessuno dei quali ha avuto rispetto per la persona e per il creato.
Entrambi sono stati la negazione di una democrazia partecipata e della giustizia sociale come pari opportunità per tutti di prendere parte al benessere esistenziale ed alle decisioni collettive.
Purtroppo in qualsiasi ambito l’evoluzione delle strutture amministrative e di governance ci dice che le lobbies economiche e finanziarie sono riuscite a rendere i poteri decisionali sempre meno diffusi e più centralizzati fino ad escludere i cittadini persino dalla scelta della rappresentanza delegata che oggi è appannaggio delle segreterie dei partiti.
Le stesse costituzioni repubblicane, gli statuti regionali o gli organismi internazionali sono frutto delle mediazioni culturali, economiche e politiche di classi dirigenti che non hanno mai avuto come fine il bene comune, ma gli interessi di gruppi sociali ben definiti. Oggi tali sistemi presentano grosse crepe e palesi difficoltà verso la creazione dell’autogestione dei beni comuni e nella definizione di una democrazia reale.
L’incapacità gestionale della Res Publica da parte dei partiti è ormai palese, ma non siamo neppure convinti che i cosiddetti “movimenti” siano in grado di essere il nuovo nella costruzione delle strutture politiche di livello nazionale e sovranazionale.
I primi talora sembrano espressione ondivaga tra la comicità ed il cinismo, inadeguati a questo punto nell’assumere decisioni razionali per la soluzione dei problemi reali dei cittadini, i quali quotidianamente subiscono crisi e perfino la miseria più profonda, aspettando la manna, ma incapaci di presenza e di autorganizzazione.
I secondi hanno avuto qualche risultato nella contestazione dell’ingiustizia sociale e nella lotta alle dittature, ma sono stati poi inadeguati nel progettare un processo costituente.
La confusione che regna sotto il cielo è tale che oggi esistono forme di organizzazione politica del consenso di natura chiaramente populistica che si definiscono appunto “movimenti” e sostengono di garantire scelte di rappresentanza di base attraverso il web, mentre in realtà si tratta ancora di forme di accentramento del potere intorno a figure di leader che nessuno sembra poter neppure criticare.
Nel M5S ad esempio blaterano di democrazia telematica e di trasparenza da streaming, ma poi s’incontrano in riunioni riservate e lì decidono linee di azione e perfino epurazioni; se scendiamo poi nel programma, le contraddizioni e le incongruità la fanno da padrone.
Quando e chi allora sarà in grado di mettere in discussione forme di pseudo rappresentanza o riuscirà a collegare le decisioni degli eletti alle volontà assembleari di base o concepirà sistemi di revoca per qualsiasi forma di mandato nelle deleghe amministrative e politiche?
Questi sono obiettivi raggiungibili solo dai cittadini quando, smettendo lamentazioni, indignazioni e proteste vacue, si organizzeranno in potere costituente di base per creare finalmente nuovi schemi di partecipazione democratica.
Movimenti senza leader carismatici, ma ideati secondo meccanismi di tipo orizzontale, devono cancellare i politici di professione, i partiti come strutture di potere e di clientela e dare forma a nuovi tipi di organizzazione economica e sociale basati su Statuti e Costituzioni che mettano al centro dell’azione politica il popolo come centro di sovranità e l’uguaglianza degli esseri umani nell’accesso a diritti fondamentali quali la vita, la libertà di pensiero, parola ed azione, la felicità e l’accesso a beni comuni come l’acqua, l’aria, l’abitazione, la salute, l’istruzione, nel rispetto pieno della sostenibilità ambientale.
Non saranno più allora i quadri dei partiti politici o le dichiarazioni esclusive ed inderogabili di leader populistici di turno a definire le linee di organizzazione della società, le sue leggi generali e le sue istituzioni politiche, ma l’intera cittadinanza, finalmente capace di riappropriarsi della volontà e della capacità di lotta, per rompere regole e strutture di divisione e di potere, ma soprattutto per dar vita ad una elaborazione in grado di fondare un processo di democrazia reale e di costruire la giustizia sociale.
Organizzarsi significa allora uscire anche dalla sterile protesta sul web per incontrarsi nella piazza reale in gruppi di studio per la predisposizione di proposte che poi devono essere sostenute nella realizzazione con nuove forme correlate all’esercizio di poteri democratici effettivi.
Qui ovviamente stiamo delineando principi generali di quadri istituzionali innovativi e democratici, ma non abbiamo definito solo intuizioni e desideri, perché a partire dal nostro Molise esistono da tempo gruppi organizzati che hanno declinato tali idee generali in proposte concrete riguardanti ad esempio lo Statuto regionale, le leggi elettorali, l’impianto delle autonomie locali, le modalità di organizzazione della sanità, dell’istruzione e di quant’altro.
Non siamo dunque all’anno zero nella ricerca culturale, sociale e politica, che in tanti casi è riuscita a compiere talune analisi di rilevante profondità; lo siamo quasi, invece, sul piano dell’impegno e della responsabilità di tanti che potrebbero dare contributi notevoli in tale direzione e che al contrario preferiscono rifluire nel privato o peggio ancora nell’apatia.
Si capisce come tra i verbi parlare, scrivere ed operare è necessario scegliere soprattutto il terzo.

(Umberto Berardo – 15 aprile 2013)

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