L’estenuante partita di poker



Nei prossimi anni il nostro Paese sarà destinato a scendere di posizioni nella classifica delle nazioni più industrializzate e ricche al mondo. Dall’attuale ottavo posto, finiremo presto tra i numeri a due cifre. La parabola è amaramente discendente. L’estenzione delle strutture produttive in nuove aree, specie asiatiche, dove il costo del lavoro è notevolmente più basso, ma anche la generalizzata perdita di slancio da parte del vecchio continente sono fattori incontrovertibili e che caratterizzano la forte decelerazione in atto in questa parte di mondo. Del resto già da tempo l’Italia è maglia nera tra i maggiori Paesi industrializzati per la produttività (dal 2001 è ultima nel “panel” di venti nazioni), come confermano i dati Ocse 2008. In picchiata anche per entità media degli stipendi nel mondo: siamo scesi al ventitreesimo posto, scavalcati anche da Grecia e Corea. Se ci caratterizziamo per l’altissimo numero di telefonini, siamo purtroppo agli ultimi posti per investimenti nella conoscenza, nelle infrastrutture e per numero di ricercatori. Insomma, come per la scolorita nazionale di tennis, prepariamoci ad una lunga permanenza nella serie B, ad uscire cioè dal “primo mondo”. Non è questione di catastrofismo. I segnali neri emergono e “impattano” nella nostra quotidianità: stipendi fermi, prezzi che continuano a crescere (soprattutto quelli dei generi primari), prudenza obbligatoria in tutti i campi e un robusto moltiplicarsi di banche e di attività finanziarie, compresi “negozi” che offrono mutui e prestiti. Elementi che parlano più di qualsiasi indagine sociologica. E se l’andazzo nazionale è questo, figuriamoci cosa potrà succedere nel fragile Molise nelle prossime stagioni. Non è soltanto un problema di barca, ma anche di timonieri. Serviranno, cioè, davvero abili giocatori per affrontare la partita che la nostra minuscola regione sarà costretta a disputare negli anni a venire. Match impegnativo, dove le regole economiche, anche globali, non ammettono sconti. Tantomeno sotterfugi. In periodi in cui il piatto piange, con congiunture non proprio felici, evidente “magra” e tagli inevitabili in tutti i settori (scuola, sanità, enti locali, ecc.), la regione si giocherà ai tavoli che contano finanche la propria sopravvivenza. C’è poi la prospettiva federalista, il “nuovo che avanza”, laddove i “numeri” molisani in campo non promettono alcunché di buono. Occorre allora indossare l’abito buono e valorizzare subito e al massimo tutto ciò – anche “quel poco” – che si ha a disposizione. Dal territorio alle produzioni, dalle risorse umane – in patria e oltreconfine – alle eccellenze. Facendo emergere le potenzialità, lavorando sulla coesione e dimostrando una vitalità che non può ridursi alla battuta da bar di paese. Ci vogliono, quindi, veri attributi. Filiere di conoscenze, di preparazione, di competenze ad ogni livello. Bisogna avere idee chiare, condivise e offrire segnali inequivocabili. Fare numeri e risultati, insomma. Rilanciare. Se necessario anche bluffare, ma in modo intelligente. Ergo, vendere cara la pelle di questo minuscolo e sconosciuto lembo d’Appennino, che rischia seriamente di sbriciolarsi di fronte alle proprie contraddizioni, ad iniziare da quelle storiche. Non è, lo ripetiamo, puro catastrofismo. In gioco c’è davvero il futuro. Nonché quel bel pezzo di passato raccolto nelle viscere delle “nostre” montagne, che ci sta particolarmente a cuore. Noi la vediamo così, come una grande sfida. Per chi non sarà all’altezza, da queste colonne non mancherà il nostro invito ad andare a giocare a ramino.

(Erennio Ponzio)

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