Cosa rappresenta meglio la nostra piccola regione? E’ un quesito di non poco conto. A distanza di 45 anni dall’autonomia regionale, è ancora infuocato il dibattito sull’identità molisana tra il partito delle zampogne, la fazione dei tratturi, i fans dei cavalli (e dei caciocavalli), i peones dei frutti di bosco e persino qualche creativo dalle farfalle facili. Ci sono poi le consorterie localiste (e irredentiste), quelle ad esempio che stravedono per le campane di Agnone o vanno in visibilio per i coltelli di Frosolone. Insomma, tenzoni ed enigmi si ripresentano puntuali alla vigilia della partecipazione molisana ad ogni evento fieristico. Forse i Guelfi e i Ghibellini si sarebbero trovati bene anche da noi.
Il problema, però, per la rinomata Borsa del turismo che si svolgerà fino al 24 febbraio a Milano, sembra superato. Infatti la presenza molisana nel padiglione 13 è sotto il segno dei Suv. Sì, dei fuoristrada. Nello specifico dei modelli Dr3″ e Dr5″ prodotti dall’azienda Dr Motor” di Macchia d’Isernia, sponsor dello stand molisano alla manifestazione lombarda in cambio della sostenuta visibilità ai propri modelli made in Molise” (e, maligna qualcuno, del cospicuo finanziamento regionale a sei zeri all’azienda). Veicoli, in un tripudio campanilista, equipaggiati con motore Fiat Powertrain 1.9 common rail realizzato a Termoli. Costa ed entroterra finalmente riuniti. Sotto la stessa lamiera.
Quattro maxischermi collocati nei 150 metri quadri dello stand, secondo le anticipazioni, da domani alla Bit dovrebbero irradiare immagini di una ventina di Suv che transumano per il Molise. Montagne e motori, gioie e dolori.
E’ allora inevitabile interrogarsi su tale spinta avanguardista” di un territorio inaspettatamente industriale, improvviso produttore di fuoristrada. Fatale, quindi, l’accensione di un dibattito su questo Molise eternamente contadino che ora affida la propria immagine ad una campagnola motorizzata” nel parterre milanese.
D’accordo, i tempi cambiano, lo style si adegua. Tra le eccellenze di un territorio vanno inclusi anche i prodotti industriali. Di caciotte e scamorzoni molti non ne possono più. E il Suv, di gran moda (per chi se lo può permettere), è in linea con un segmento crescente di mercato, soprattutto giovanile. Metterci anche un po’ di tessile, ciò che rimane dell’industria alimentare e il design prodotto soprattutto lungo la costa completerebbe il quadro. Se producessimo anche Ray Ban faremmo la gioia del postmodernismo.
C’è, però, vasta consapevolezza che Dr”, al pari di una Ittierre” o di altri pochi marchi di ampia notorietà, rappresenti un caso autonomo e isolato in un territorio dove di fatto non esistono grandi distretti industriali. Anzi, la cultura progressista” del fuoristrada, tra l’altro recentemente macchiata da episodi di cronaca (il recente incidente di Milano con tram e autobus, occasione per una crociata mediatica anti-Suv in cui si segnala uno splendido pezzo di Beppe Severgnini sul Corriere della Sera) cozzi notevolmente con quell’immagine bucolica che, volente o nolente, identifica e rappresenta da sempre il Molise. E che oggi potrebbe rappresentare una risorsa, se opportunamente valorizzata.
C’è di più. Basta collegarsi a Youtube per scoprire come la splendida natura molisana venga spesso profanata da carovane di mezzi meccanizzati e superaccessoriati che, per la gioia di club di giovani guidatori, s’inoltrano sulle montagne come novelli lanzichenecchi in cerca del divertimento distruttivo.
Ma a Milano, per fortuna, i pacifici Suv molisani non sono lasciati soli. Ci sono anche ben altre tipicità” regionali. Ad iniziare dai tartufi, rappresentati da Sabetta, Biosapori e da altre aziende che stanno lavorando sodo per associare al nostro territorio il prezioso tubero che fa la fortuna di Alba, Acqualagna, Città di Castello ed altre rinomate località del Centronord. O l’olio della cooperativa olearia larinese. E noi di ciò siamo felici, perché riteniamo che il futuro del Molise, al di là dei Suv macchiaioli, debba passare da qui, da quel mix di identità, di salvaguardia e di valorizzazione delle produzioni. Una miscela che equivale ad un’osmosi: il prodotto tira se si conosce (e si stima) il territorio di produzione.
Per carità, nulla da ridire sui prodotti del progresso. Non siamo neoluddisti. Ma, a noi romani d’origine molisana, la Dr Motor”, che si chiama così dal cognome molisanissimo (De Risio) del proprietario, evoca nel territorio d’origine soprattutto quel tappeto di autoveicoli che s’incontra sul ciglio sinistro della strada, prima di Isernia, quando si rientra al paese d’origine. O, nei tanti tassisti che abitualmente ci leggono, rammenta la copiosa fornitura di Multiple Fiat che dai parcheggi espositivi di Isernia sono finite nel traffico capitolino. Mentre anche l’ultimo caciocavallo di questa regione (persino quelli fatti con latte bulgaro), per quanto demodé, offre – al pari della Madeleine di Proust – la certezza che non tutto sia perduto. (Erennio Ponzio)
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