Di noto, il Molise, ha soprattutto la consapevolezza di essere terra sconosciuta. I pochi “figli illustri” – come con un po’ di retorica chiamiamo i “benemeriti” – acquisiscono fama lontano dai confini regionali. Tra loro s’è ritagliato uno spazio nel desueto antro della Cultura con la “C” maiuscola (in mancanza di piccoli o grandi schermi), il “pensatore” Vincenzo Cuoco.
Certo, “roba” d’Ottocento. D’inizio Ottocento. Di quella Repubblica partenopea che il “nostro” Cuoco d’esportazione esaminò da grande “politologo”, come diremmo oggi. Eppure la sua Lezione, tesa ad evidenziare le condizioni del popolo di fronte agli avvenimenti politici, appare di estrema attualità, specie in queste stagioni dove il termine “politica” è arricchito da segmenti non proprio esaltanti (tipo “anti”, “sotto”, ecc.)
Se il Molise abbonda di scuole la cui denominazione richiama lo studioso, lo stesso non si può dire per il rispetto della sua “memoria materiale”. Almeno a leggere una lettera pubblicata lo scorso 2 febbraio da un quotidiano e ripresa in un suo editoriale dal campobassano Giuseppe Tabasso, una delle firme più vivaci in un panorama giornalistico abbastanza sonnacchioso. L’autrice della lettera, la toscana Cecilia Cazzola De Marinis, denuncia lo “scempio” compiuto nella casa natale del Cuoco a Civitacampomarano, uno dei tanti nomi bellissimi dei borghi molisani. Cosa è successo? Grazie ad un finanziamento pubblico di 700 mila euro – a quanto pare, nemmeno bastati – questo luogo, che dovrebbe essere “di culto” almeno per i molisani (al pari di Recanati, Roncole di Busseto, Collodi, ecc.), è stato ristrutturato, subendo – come denuncia la lettrice toscana – “un’aggressione distruttiva, una smania di modernizzazione e di appiattimento estetico”. Insomma, moderno intonaco sopra le antiche pietre, spariti portone in legno, antiche pavimentazioni in cotto napoletano, soglie in pietra levigata, lucernario in vetro.
Noi di “Forche Caudine” lanciamo la provocatoria proposta-protesta: rileggiamo gli scritti di questo intellettuale ingiustamente liquidato su targhe scolastiche.
Al di là della singola vicenda, la salvaguardia del patrimonio storico e artistico del territorio d’origine dovrebbe costituire una priorità. Stravolgerlo equivale a sottrarre a noi stessi esperienza, memoria storica, identità.
(Erennio Ponzio)
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