In un’economia autenticamente liberale, dovrebbe essere il “libero” mercato a fare la differenza tra i beni di consumo. Sintetizzando banalmente: ciò che piace, tira; ciò che non piace sparisce dalla circolazione.
Così, ad esempio, la fabbrica automobilistica che produce un modello vincente, acquisisce quote di mercato. E’ in salute e, di conseguenza, fa assunzioni. La fabbrica concorrente che mette in giro catorci su quattro ruote, dovrebbe a rigor di logica chiudere in tempi rapidi. Però – e qui sta il problema – quest’ultima fabbrica rientra nel classico caso del beneficio prodotto dagli abbondanti sussidi pubblici. Così finisce con il “tirare avanti”, arrabbattarsi, garantire un po’ di occupazione artificiale, arrivando a danneggiare non solo l’intero settore, ma soprattutto i concorrenti più onesti.
Nel Molise “delle libertà” non è chiaro perché il governo locale debba intervenire a sostegno proprio di tutto ciò che non va. Fiume di denaro per puntellare vecchie iniziative e imbiancati progetti dalle flebili speranze future. Comprese località la cui “vocazione” turistica ad alti livelli rimane da decenni, appunto, una pura ed eterna vocazione.
Prendiamo le località sciistiche, che negli anni passati hanno assorbito fiumi di denaro pubblico facendo registrare soprattutto flop e persino società finite malamente. Davvero la neve molisana, con una rete infrastrutturale e logistica pessima, può rappresentare l’alternativa ai blasonati borghi del Trentino-Alto Adige o della Valle d’Aosta (ma anche del limitrofo Abruzzo)?
Non a caso la costituzione della nuova società per la gestione degli impianti di Campitello Matese, deliberata recentemente dalla giunta regionale, viene definita dal coordinatore regionale del Pdl “un passaggio fondamentale per lo sviluppo turistico, alberghiero ed economico della montagna del Matese”. Insomma, dopo decenni di investimenti ancora si costruiscono le condizioni per “passaggi fondamentali” verso lo sviluppo? Che mole di denaro pubblico deve finire su certe montagne perché raggiungano standard nazionali?
Va aggiunto che, con i cambiamenti climatici, puntare sul turismo della neve è sempre più un azzardo. Non a caso all’estero l’industria del divertimento si attrezza per realizzazioni artificiali.
Non sarebbe allora più opportuno sostenere i seppur flebili flussi turistici internazionali (ad esempio i primi olandesi nell’entroterra campobassano o quelli nella ricettività isernina), sostenendo la montagna nel suo insieme, cioè non come luogo di meri impianti di risalita ma come “made in Molise”, un progetto complessivo fatto di memorie e di identità condivise, di genuinità dei prodotti, di unicità dell’artigianato? Superare ataviche divisioni puntando all’omogeneità del territorio (pur nelle sue differenti peculiarità) è l’unica strada percorribile per superare gli errori del passato.
(Erennio Ponzio – 16 ottobre 2009)
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