Il Molise non esiste. Così almeno la pensano migliaia di iscritti a Facebook. Riprendendo un “gioco” dilagante su internet da mesi, teso a dimostrare attraverso teorie stravaganti e paradossali, la non esistenza della più piccola regione del nostro Mezzogiorno. Ora il tormentone del Molise che non esiste s’è trasferito anche nel “social network” di tendenza. Con accenti più deleteri.
Oltre a tre gruppi denominati “Il Molise non esiste”, con quasi 1.500 appartenenti complessivi, c’è persino il gruppo “Quelli che vogliono eliminare il Molise” dove è possibile leggere messaggi non proprio eleganti del tipo “Award per la regione più inutile d’Italia”, “Distruggiamolo”, “Via ‘sta regione di m.”. Tutti regolarmente firmati, tra incoscienza giovanile, probabilmente un po’ di razzismo nordico ma anche mitizzazione (impunita) dello slogan, di cui la rete è regno ideale.
Tra i molisani, i diretti interessati, le reazioni sono diverse. C’è chi fa spallucce, collegando il giochetto alla scarsa conoscenza del territorio e del suo patrimonio storico e culturale. Una sorta di “legittimazione” che ancora manca, a quasi mezzo secolo dall’autonomia regionale. E c’è chi, invece, se la prende di brutto: da qui le tante mail che hanno sommerso il sito di “Forche Caudine”, uno dei punti di riferimento dell’emigrazione molisana.
Chi reagisce lo fa soprattutto riunendosi nei contro-gruppi: “Il Molise esiste eccome!” è a quota 1.827 iscritti, “Fiero di essere molisano” è a quota 1.443. C’è anche un internazionale “From Molise”. Ma non tutti sono d’accordo su queste risposte effettuate con lo stesso mezzo e sullo stesso piano: non farebbero altro che avallare la provocazione, rafforzare le tendenze allo sfottò, assicurando anche soddisfazione.
Altri reagiscono con autoironia data in pasto alla rete. La lista “Sei un molisano se”, che da tempo gira su internet (anche in versioni che riguardano il nostro Paese), riunendo una serie di luoghi comuni sul Molise, è diventata anche gruppo – anzi, gruppi – su Facebook. Ed è un cult. C’è poi il gruppo “Sei veramente molisano se: u cuppìn, la mappina e u leccamusse” con un centinaio di iscritti evidentemente affascinati dagli arnesi della cucina locale. Esiste “I molisani non parlano tutti come Di Pietro e Biscardi”, prendendo le distanze dalle due icone regionali.
Sul fronte gastronomico spiccano “Ventricina molisana” con 120 iscritti, “Molisani, la scamorza e Roma” e persino “Burrino storia e tradizione dei molisani a Roma”. Insomma la fantasia non ha limiti. Come quella di chi colloca file di caciocavalli a fianco dell’immagine della regione, chissà se per irrisione o per orgoglio. C’è poi tutto un fiorire di molisani presenti nelle varie città: a Firenze l’immagine ritrae un’improbabile coppia in Harley-Davidson, dai tratti molto Usa, che saluta mentre va a Carpinone, paesino della provincia di Isernia.
C’è invece chi tenta di trasferire dal piano virtuale a quello reale la costituzione di “associazioni etniche”. Le liste di molisani presenti su Facebook, soprattutto dei più giovani, vengono utilizzate per costituire gruppi associativi basati quasi unicamente sul fatto di “essere molisani”. Ma dietro tali operazioni, giura qualcuno, ci sarebbero azioni di strumentalizzazione politica.
Quale potrebbe essere, allora, la migliore strategia per arginare tutto ciò? Il consiglio che va per la maggiore è di rispondere su terreni diversi. Dimostrando che il Molise esiste non attraverso slogan, cattedrali nel deserto e adesioni virtuali, ma attraverso iniziative di spessore, al pari di una Toscana o di una Lombardia, da cui i molisani non hanno nulla da imparare. Da qui anche il ruolo dell’associazionismo, che non dovrebbe essere solo una somma di numeri – come gli elenchi su Facebook – ma un volano di iniziative concrete per dare forza alle idee.
(Erennio Ponzio)
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