La zampogna s’è sgonfiata



La zampogna s’è sgonfiata

ROMA – Gli zampognari immolati sull’altare del consumismo. E ti pareva. Ormai bazzicano, dietro lauto compenso, solo salotti del centro storico e feste private della Roma-bene (si fa per dire). Caviale, il migliore decolté, l’immancabile asta di beneficienza e indigene zampogne al posto del jazz, promozionate persino su Youtube con tanto di cellulare del finto pastore molisano, che in realtà è un ingegnere disoccupato. Vuoi mettere?
Così, per le strade della Capitale, il suono delle zampogne ha lasciato il posto a quello delle suonerie più alla moda. Tipo la colonna sonora dei panettoni Bauli, promozionata nel piccolo schermo da quel cagnolino che nemmeno un sermone dell’Ente protezione animali farebbe desistere dall’impallinare con un fucile. D’accordo, sui monti ciociari, abruzzesi e molisani circolano più Suv che pastori. Spesso a furia di contributi pubblici e fondi comunitari. Eppure la zampogna gode di un buon numero di cultori, anche giovani, e di un’altrettanta buona schiera di appassionati. Persino nei centri sociali da qualche anno le tipicità regionali hanno il lasciapassare.
Del resto Roma è antica meta di zampognari, di “pifferai”, come venivano chiamati questi suonatori di zampogne e ciaramelle. Fino a qualche anno fa la tradizione li voleva sulla scalinata di piazza di Spagna, a corredo del più celebre presepe, o tra le bancarelle di piazza Navona. Nei tempi più lontani offrivano le novene davanti alle tante edicole sacre con le immagini della Madonna con il Bambino (a Roma chiamate “Madonnelle”), simbolo della religiosità popolare ed impreziosite da ex voto. La tradizione voleva che “i pifferai” approdassero a Roma il 25 novembre, giorno di Santa Caterina, data in cui il mito romano vuole che cominci l’inverno: erano persino invitati nelle abitazioni, dove veniva offerto loro del denaro, del vino o del cibo detto “il cartoccio della padrona”. Una ricca bibliografia include Belli, Gillespie, Goethe, Maes, Stendhal, Trilussa, Zanazzo e i ritratti di Pinelli e Thomas.
Nei tempi odierni, di fatto, l’ultimo resistente è l’immancabile Ambrogio Sparagna, che per un paio d’anni ha animato un’iniziativa denominata “Zampogne a Roma”, di cui oggi non si ha più traccia. In compenso il ricco cartellone “Roma città Natale”, messo a punto dal Comune di Roma, al di là di qualche concerto di musica sacra e di omaggi a Belli e Trilussa, offre “Gustovagando”, al Macro, tra cucina, sala da pranzo e soggiorno (slogan: “Per cogliere pienamente lo spirito di Natale”), “Odysseus” all’Esedra del Marco Aurelio, la costruzione di macchine alla Centrale Montemartini, laboratori di ceramica ai musei capitolini, “Dammi una rosa” al museo Canonica. E ancora: dieci piccoli racconti sulla guerra di Troia, valzer di Strauss, giochi di luce a Porta San Sebastiano. Il tutto affiancato da mercatini finto-tirolesi e da piste per pattinare sul ghiaccio persino circondati dal traffico a piazza dei Re di Roma. Per sentire le zampogne, forse, bisogna cominciare a frequentare i Pecci Blunt o i Lante della Rovere.

(Erennio Ponzio)

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