Tutta un’altra musica



C’è uno scollamento tra le scelte operate da gran parte degli amministratori molisani per promozionare la cultura regionale (ad esempio attraverso il finanziamento di pubblicazioni di second’ordine, in genere realizzate da maestri in pensione; di spettacoli decisamente scadenti, zeppi di artisti ormai dimenticati; e soprattutto di gruppi folkloristici meritevoli più per l’opera di aggregazione umana dei componenti, al pari di un centro sociale, che per l’omaggio all’arte) e quanto, viceversa, il Molise è in grado di autoprodurre sul fronte culturale (e artistico in particolare), spesso nell’indifferenza di chi dovrebbe invece incoraggiare e sostenere l’arte più decorosa e rappresentativa per l’identità regionale.
Con amarezza ricordiamo assessori che alla visione del più scalcinato gruppo folk (ovviamente del proprio paese d’origine), foraggiato e spedito in giro per l’Italia a raffigurare la cultura molisana, rasentano l’acme del godimento, tra il complice annuire della solita schiera di vassalli. Perché, questo il bello, sono in buona fede: davvero non si annoiano di fronte al canto sguaiato o alle movenze disarmoniche dei propri concittadini con ambizioni artistiche. La parola d’ordine è tradizione: ma allora meglio godersi una mostra con straordinarie foto d’epoca, quando certi generi di canti e di balli incarnavano un valore aggregativo (e pre-riproduttivo), che non tentare di riabilitare il passato con iniziativa forzose e persino sacrileghe.
Del resto, per promozionare seriamente il Molise, di materiale umano lorsignori ne avrebbero a iosa. Capace di far musica (e cultura) anziché chiacchiere. Pensiamo allo straordinario e longevo “Tratturo” di Isernia, professionisti in grado di esportare nel mondo l’essenza vera del Molise, quella dell’anima pastorale e contadina, della spiritualità e delle tradizioni legate al ciclo dell’uomo. O al gruppo di musica etnica “Pagus”, ultimamente utilizzato dalle istituzioni con maggiore frequenza (anche se in contesti un po’ discutibili). Insomma magica sintesi di antico, anzi antichissimo, e moderno.
Ogni volta che abbiamo assistito a loro esibizioni, specie a Roma, siamo stati testimoni della totale “conquista” di un auditorio che il più delle volte, fino a prima del concerto, ignorava totalmente le peculiarità del territorio molisano. Insomma queste formazioni rappresentano i migliori “testimonials”, tra l’altro “indigeni” e “naturali”, del Molise.
Non conosciamo dettagliatamente l’intero panorama delle formazioni musicali molisane. Sappiamo che sono bravissimi quelli della “Riserva Moac” di Bojano. Abbiamo avuto modo di apprezzare Mike Miranda di Isernia, voce tagliata per il rock e personalità da artista consumato. Anche a Campobasso ci sono band molto valide. Ecco, il Molise del domani dovrebbe tener conto di ciò. Per sconfiggere definitivamente la pandemia da “ballo del maccature”, terremoto sussultorio di cellulite. (Erennio Ponzio)

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