Le veline in camicetta nera



Un bel pezzo dell’amico Nicola Bruni.

“Diminuire le notizie sul cattivo tempo”, raccomandava una “velina” che il Minculpop, il Ministero della cultura popolare del regime fascista, inviò ai giornali il 1° giugno 1939, quando nell’informazione era il Duce a “fare il bello e il cattivo tempo”.
Le veline, così chiamate perché dattiloscritte su carta velina, contenevano gli ordini per le redazioni su quello che si doveva o non si doveva pubblicare: intimavano, per esempio, di ignorare omicidi, furti,
incidenti sul lavoro, fughe di ragazzi da casa, code davanti ai negozi, di selezionare fotografie delle parate militari con “allineamenti impeccabili”, di parlar male dell’Inghilterra. E soprattutto pilotavano la proiezione di un’immagine di Mussolini maschia e gagliarda: “Ricordarsi che le fotografie del Duce non debbono essere pubblicate se non sono state autorizzate”; “Non fare assolutamente cenno del balletto cui ha partecipato il Duce”; “Dire che il Duce è stato chiamato dieci volte al balcone”.Ironia della storia, quelle “veline in camicetta nera” erano nemiche dichiarate del modello di donna a cui si ispirano le “veline” televisive dei nostri giorni.
Tuonava, infatti, il Minculpop: “Vietato pubblicare foto di donne in costume da bagno”; “Non è tollerabile che, specialmente i giornali di moda, pubblichino fotografie di donne magrissime”; “Nei figurini di moda femminile le gonne vanno leggermente allungate oltre il ginocchio”.
Oggi il Minculpop non c’è più. Ma se, per ipotesi, ci fosse ancora, mi immagino che cosa avrebbe ordinato ai cronisti della Rai sulla parata per la Festa della Repubblica 2009: “Ignorare la reiterata assenza polemica dei ministri della Lega”; “Martellare la notizia che per la sfilata di quest’anno si è risparmiato un milione di euro, ma guardarsi dal dire quanti milioni sono stati spesi.

(Nicola Bruni – “Belsito con vista” – www.webalice.it/nbruni1 Roma – 25 giugno 2009)

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