
Tradizione e innovazione. Il caciocavallo, formaggio tipico del Sud Italia, in Molise diventa “Cocciocavallo”, aggiungendo bontà e qualità al prodotto abituale.
È l’azienda “Fattoria molisana” di Campobasso (Via Sant’Antonio dei Lazzari, 5) ad aver brevettato questa variante: l’invasamento in argilla cruda offre un valore aggiunto a questo prodotto realizzato con il tradizionale procedimento della filatura.
Il latte utilizzato per questo formaggio è di bovini di razza bruna alpina allevati con sistema estensivo in alto Molise. I freschi pascoli del comune di Carovilli (Isernia), ubicati a 860 metri e circondati da boschi di cerro, costituiscono l’ambiente ideale per ospitare specie vegetali erbacee capaci di conferire al latte un aroma unico, con una composizione nutrizionale autentica.
“Il latte proviene da allevamenti locali e la sua naturalezza emerge con forza nel sapore deciso e nell’aroma che rende prelibato il nostro formaggio nel mondo – spiega il casaro Roberto D’Andrea di Carovilli. E aggiunge: “Il gusto è fortemente influenzato dal latte, dal clima e dalla lavorazione con la salamoia durante la maturazione”.
Dalla lavorazione di questo latte si ricava un prodotto unico e inimitabile, che rappresenta un po’ un emblema del piccolo Molise, uno dei territori meno contaminati del Bel Paese.
La lavorazione del latte da sempre è la stessa. Subisce un’acidificazione seguita dalla coagulazione, grazie all’impiego del caglio, che dà vita al siero e alla cagliata, che poi viene rotta in piccoli pezzi e lasciata maturare nel siero per assumere i sapori e gli aromi che contraddistinguono il caciocavallo. Alla temperatura di circa 90 gradi le sapienti mani dei casari filano la cagliata per dare vita al prodotto finito.
Si lavora fino a raggiungere la forma semisferica di circa 1,5 chili tipica del caciocavallo ovoidale con un’appendice strozzata e chiusa all’apice. Il peso può variare da uno a due chili.
I caciocavalli legati in coppia subiscono un’asciugatura di circa sei settimane. Quindi vengono invasati in argilla cruda per la fase di stagionatura del “Cocciocavallo”, che può durare da due mesi ad oltre un anno.
Ogni mese in argilla corrisponde a circa tre mesi di stagionatura in grotta, ragion per cui, più si allunga la permanenza all’interno del vaso, più il formaggio assumerà un gusto deciso e piccante.
L’invasamento in argilla cruda avviene manualmente al tornio, grazie al maestro vasaro che riveste il formaggio stagionato da alcune settimane nella sua camicia di argilla. Tale procedimento assicura al formaggio un ambiente privo di ossigeno con temperatura e umidità costanti.
La caratteristica stagionatura del “Cocciocavallo” avviene per mezzo di un contenitore di terra cruda, realizzato al tornio da mani artigiane, che permette un’asciugatura in assenza di ossigeno.
Dopo 40 giorni di permanenza in cantina, a umidità e temperatura costanti, il “Cocciocavallo” può essere conservato a temperatura ambiente tra 12 e i 18 gradi, ma mai in frigorifero.
Il “Cocciocavallo” può essere consumato dopo almeno un periodo di quattro/cinque mesi dalla data di invasatura incisa alla base del coccio. Se conservato in un ambiente fresco di circa 10 gradi, il “Cocciocavallo” può essere conservato per 12-15 mesi per ottenere un sapore più deciso. Maggiore sarà il periodo di stagionatura nel coccio e più saranno le muffe presenti sulla crosta del formaggio.
Il sapore del prodotto cambia a seconda del periodo di produzione dell’anno, per via della diversa alimentazione delle vacche e quindi dell’aroma del latte.
Gli chef consigliano di accompagnare il prodotto con miele, composte di frutta e accostato ad un’ottima bottiglia di vino. La rottura del coccio può avvenire utilizzando un cucchiaio, un coltello o un martelletto. C’è chi programma una rottura scenografica del vaso, in occasione di feste o ricorrenze conviviali. Solennità totale.
(G.C.)