Covid 19 e sistema sanitario

Il personale sanitario italiano ha risposto con competenza e soprattutto con grande abnegazione alle esigenze dei cittadini in ordine ai gravi problemi posti dalla diffusione del Covid 19.

Essere grati alla loro professionalità ed alla dedizione dimostrata in questi mesi è il minimo che possiamo fare cercando di non dimenticarlo mai.

Fatta questa premessa doverosa, è del tutto evidente come il sistema sanitario e le sue strutture siano apparse palesemente impreparate e inadeguate ad affrontare l’arrivo di una pandemia che dalla Cina stava già diffondendosi in altri Paesi come la Corea del Sud dove ad esempio hanno dimostrato maggiore attenzione al problema e lo hanno risolto con prontezza, accuratezza e determinazione.

In Italia, come ha fatto rilevare l’indagine della trasmissione televisiva Report, l’ultimo piano anti pandemico, poi solo pedissequamente copiato e incollato negli anni successivi, risalirebbe all’epidemia Sars del 2003 quando l’OMS obbligò tutti i governi a dotarsene.

Le cosiddette task force di livello nazionale e regionale sono state istituite non in maniera preventiva, ma solo a fenomeno ormai appurato.

Così quando abbiamo registrato le prime diffusioni del virus, che in realtà sembra fosse presente da noi già da qualche mese, non avevamo predisposto ancora nulla ed eravamo carenti nella strumentazione per la rianimazione, procedevamo ancora per sperimentazioni nelle terapie mentre mancavamo del tutto di mezzi di tutela precauzionale come mascherine, tamponi e reagenti per processarli.

Le indicazioni di virologi e infettivologi, inizialmente alquanto controverse e contrastanti, hanno visto sistemi di opposizione all’epidemia che sicuramente derivavano da indicazioni nazionali, ma che facevano registrare anche forti diversificazioni nelle diverse regioni.

Sta di fatto che i contrasti e le tensioni tra il governo e i presidenti delle giunte regionali sono stati all’ordine del giorno.

Le situazioni di difficoltà nel far fronte in maniera completa ai ricoveri per tanti pazienti con sintomatologie serie e quanto è avvenuto nelle residenze per anziani ci dicono con chiarezza che abbiamo mancato di un piano pandemico preventivo e che abbiamo fatto fronte ai problemi insorti con estrema difficoltà e grazie all’aiuto di molte donazioni di cittadini che, nonostante la corrispondente crisi economica, hanno dimostrato grande generosità.

Alcune regioni a più ampia diffusione del fenomeno sono riuscite a ridurre in qualche modo i danni attraverso l’isolamento, l’organizzazione di reparti Covid separati, una diffusione allargata di tamponi e un funzionamento accettabile della medicina territoriale; altre hanno arrancato ed hanno avuto molti problemi che non sempre sono stati risolti e hanno portato, con la creazione addirittura di reparti Covid nelle case di riposo, ai tanti decessi cui abbiamo dovuto assistere soprattutto tra le persone anziane.

Sui sistemi di assistenza a queste ultime, come stiamo sottolineando da anni, dobbiamo tutti esprimere un grande mea culpa per aver immaginato strutture sulle quali per fortuna si sta diffondendo un generale ripensamento che è iniziato ad esempio con la campagna “Salviamo i nostri anziani” della Comunità di Sant’Egidio di Roma che finalmente, come abbiamo sempre sostenuto, chiede un ritorno all’assistenza domiciliare professionalizzandone gli assistenti e studiando le diverse forme in cui essa può realizzarsi come la propria abitazione, il co-housing, i condomini protetti, le convivenze tra anziani e studenti e rafforzando la cura familiare e la rete delle relazioni di quartiere.

Non possiamo ancora dimenticare la sospensione per decreto che si è avuta nelle strutture pubbliche e private di talune prestazioni sanitarie che hanno contribuito a contenere la diffusione del contagio, ma hanno fatto registrare rischi notevoli per molti pazienti.

Ora si nomini una commissione di studio che, dopo aver condotto una seria analisi delle carenze dei servizi sanitari, delle cause e dei responsabili del debito ingente al riguardo in talune regioni e aver preso atto soprattutto delle gravi carenze in alcune aree nell’assistenza sul piano strutturale e metodologico, modifichi assolutamente la normativa al riguardo e riporti finalmente la sanità nelle competenze dello Stato per renderla uniforme su tutto il territorio nazionale e risanarla dopo i disastri creati nel settore pubblico negli ultimi anni.

Il debito sanitario accumulato da alcune regioni va in ogni caso azzerato perché il conseguente aumento delle tasse locali non è più sostenibile dai cittadini.

Una finalità fondamentale è quella di condurre un’accurata opera educativa di prevenzione delle malattie perché in essa c’è il primo baluardo di tutela della salute dei cittadini.

Le eccellenze di ricerca scientifica e prestazione nei servizi diagnostici e terapeutici non si possono ancora immaginare e ricercare, come purtroppo in più di una regione e sempre più anche a livello nazionale e mondiale si sta facendo, nelle strutture private, anche se in convenzione, ma devono essere in ogni caso assicurate dal servizio sanitario pubblico che deve in tal senso coprire adeguatamente e in maniera uniforme tutto il territorio nazionale evitando l’attuale assurdità dei viaggi della speranza da una regione all’altra.

Vista inoltre la situazione pandemica che stiamo vivendo, è quanto mai opportuno, nelle forme e secondo le modalità più razionali sul piano economico, logistico e dell’efficienza nella prevenzione e nella cura, prevedere la realizzazione di centri territoriali isolati dagli altri reparti per lo studio e il trattamento non solo del Covid 19 ma di tutte le malattie infettive.

Un obiettivo infine che rimane purtroppo ancora dimenticato è quello di una seria ed efficiente articolazione della sanità territoriale rafforzando i presidi di medicina di base con specialisti e infermieri almeno in alcuni giorni della settimana e ponendo le guardie mediche in ogni Comune; i poliambulatori ma anche i cosiddetti ospedali di comunità quindi devono essere rafforzati nei mezzi a disposizione per alleggerire il lavoro dei centri ospedalieri.

Nel funzionamento delle prestazioni e dei Livelli Essenziali di Assistenza non può mancare davvero un organismo democratico di controllo che d’altronde si dovrebbe avere in ogni tipo di servizio pubblico erogato.

Una cosa dev’essere assolutamente chiara: la strutturazione del sistema sanitario sul territorio non può assolutamente guardare agli interessi degli addetti o peggio ancora a quelli di gruppi di potere economico ed a rivendicazioni di carattere localistico, ma unicamente alle esigenze del diritto pieno alla salute dei cittadini.

Assolutamente urgente appare una riflessione sul tema sanità, anzitutto nelle associazioni e nei comitati di base, in quanto, dopo le difficoltà esistenziali vissute nei giorni di questa pandemia, non possiamo più consentirci distrazioni, omissioni e irresponsabilità che purtroppo hanno tappezzato le classi dirigenti ma anche i cosiddetti esperti, presidenti e direttori disseminati e superpagati in tutti i gangli della pubblica amministrazione.

(Umberto Berardo)

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