Se oggi una nazione invade il vicino e lo mette a ferro e fuoco e questo stesso aggressore è membro del consiglio di Sicurezza dell’Onu con diritto di veto chi mai, a livello internazionale, potrà difendere la vittima? Se ci troviamo al cospetto di un candidato alla presidenza del suo paese che perde le elezioni ma cerca di sovvertire il risultato con un colpo di Stato nessuno si meraviglia se la fa franca e gli consentono di candidarsi nuovamente alle successive elezioni. Sono due casi sicuramente i più clamorosi ma altri non mancano e per i quali la nostra attenzione è, purtroppo, di breve durata. Ma oggi la situazione è peggiorata in quanto a rimetterci, immancabilmente, sono i popoli, diventando vittime di genocidi ed immani distruzioni. E lo sono anche a livello individuale o di piccoli gruppi se si permettono di alzare la voce e di profferire parole severe al cospetto dei tanti violenti. Ma ora la minaccia sta diventando ancora più insidiosa perché la lotta si fa più aspra tra chi ha e chi è, tra l’arroganza del ricco e le miserie dei poveri. Questi ultimi avrebbero dalla loro l’arma della democrazia ma i loro avversari sono riusciti a renderla impotente. Ciò vuol dire una sola cosa: sospingiamo la libertà democratica verso la tirannia. Eppure, il correttivo può essere individuato con un altro paradosso: gli stati democratici e il libero mercato potrebbero sentire il bisogno di astenersi dall’imporre i loro interessi indiscriminatamente. Essi potrebbero persino aver bisogno, per il loro stesso bene, di aiutare attivamente i gruppi e le strutture la cui principale fedeltà non è tanto nei confronti dello Stato, come soggetto astratto, ma nei valori che dovrebbe esprimere e farsene garante.
(Riccardo Alfonso)