Fondi: per l’Italia 36 miliardi destinati all’agricoltura

Nel prossimo quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea per il periodo 2021-2027 i fondi destinati a settori considerati prioritari e ad alto valore aggiunto europeo potrebbero aumentare di circa 200 miliardi di euro mentre quelli a favore della politica agricola comune (PAC) e della politica di coesione dovrebbero subire una riduzione.

In questo scenario l’Italia potrebbe beneficiare di circa 36,3 miliardi di euro per la politica agricola, diventando il quarto Paese beneficiario dei fondi PAC, dopo Francia, Spagna e Germania. Sul fronte della politica di coesione le risorse a disposizione dell’Italia salirebbero a 43 miliardi di euro rispetto alla dotazione di 34 miliardi del periodo 2014-2020. Questi sono alcuni dei dati emersi a Matera nel corso convegno “NON SPRECHIAMO L’EUROPA – Fondi europei, opportunità di sviluppo e ruolo del dottore commercialista”, organizzato dalla Cassa Dottori Commercialisti.

L’incontro, che rientra nel programma “Previdenza in tour” della Cassa, giunto alla sua ottava edizione, si è focalizzato sui fondi europei, sulle opportunità che offrono per lo sviluppo del sistema economico nazionale e sul ruolo che i dottori commercialisti possono svolgere nel supportare aziende e professionisti in questo percorso. Sul fronte nazionale si registra, infatti, una carenza nella gestione dell’accesso a queste opportunità per imprese e professionisti, che si traduce in una bassa capacità di spesa dei fondi. Per recuperare terreno diventa quindi strategico il ruolo che professionisti e istituzioni possono ricoprire nel facilitare l’accesso e la gestione da parte delle imprese italiane e degli Enti interessati di questi importanti motori di crescita economica.

Con riferimento al prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 la Commissione europea ha proposto di innalzare le risorse per settori quali ricerca, innovazione e agenda digitale, giovani, migrazione e gestione delle frontiere, difesa e sicurezza interna, azione esterna, clima e ambiente. Al contempo si prevede che verranno ridotti finanziamenti destinati alla politica agricola comune (PAC) e alle politiche di coesione verso le quali sono rivolti gli strumenti finanziari di supporto, come il Fondo di Coesione, il Fondo di Sviluppo Regionale (FESR) e il Fondo Sociale europeo+ (FSE+).

Per l’Italia questo si traduce in una riduzione di circa 4,7 miliardi di euro di fondi per la politica agricola comune rispetto agli oltre 41 miliardi della PAC 2014-2020. Con 36,3 miliardi di euro, tuttavia, il nostro Paese sarebbe quarto per risorse totali dopo Francia (62,3 miliardi), Spagna (43,7 miliardi) e Germania (40,9 miliardi).

L’Italia sarebbe in controtendenza per quanto riguarda la politica di coesione, con un aumento da 34 a 43 miliardi di euro circa rispetto alla dotazione 2014-2020, potendo destinare tali risorse a quelle che l’UE, nella futura programmazione, definisce regioni meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise), regioni in transizione (Abruzzo, Marche e Umbria) e regioni più sviluppate (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, provincia di Bolzano, provincia di Trento, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana e Lazio).

“Il convegno organizzato a Matera – ha spiegato Walter Anedda, presidente della Cassa Dottori Commercialisti – pone le basi per una riflessione sui fondi messi a disposizione dall’Unione europea che troppo spesso nel nostro Paese vengono poco o per nulla utilizati dalle imprese. Molte regioni italiane, in particolare quelle a maggior potenziale come il territorio in cui ci troviamo in questa occasione, non possono perdere quest’opportunità se vogliono rilanciarsi in un processo di crescita economica e sociale. In quest’ottica il ruolo dei dottori commercialisti che con la loro professionalità possono gestire al meglio il complesso processo di allocazione, gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo delle risorse provenienti da Bruxelles diventa fondamentale. Specializzazione che può significare aprirsi a un nuovo percorso professionale, che può dare ampi ritorni sia in termini qualitativi, di motivazione e soddisfazione personale, sia in termini economici. L’incontro di oggi ha l’obiettivo di evidenziare, soprattutto ai più giovani, i tanti indirizzi specialistici che possono caratterizzare la professione del futuro. E proprio con quest’intento – conclude Anedda – che un Ente previdenziale come il nostro si pone come punto di riferimento per i propri associati, alimentando un flusso continuo di nuovi iscritti, base principale della sostenibilità su cui poggiare il futuro dei professionisti”.   

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