Forze politiche e movimenti impantanati nella palude

Il 25 e 26 giugno i molisani sono chiamati a recarsi al voto per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale del Molise.

Siamo a poco meno di tre mesi da tali date e davvero si rimane sconcertati dalla palude nella quale sembrano impantanate le forze politiche e stanno finendo anche i movimenti civici.

Gli incontri non mancano, ma rimangono strettamente verticistici e ignorano ogni relazione o confronto con la popolazione.

Si sa che nelle ultime tornate elettorali di carattere nazionale e regionale l’astensionismo è stato talmente elevato da mettere davvero a rischio lo stesso sistema democratico.

Mi chiedo allora se chi aspira ad essere classe dirigente della regione Molise s’interroghi anzitutto sulle ragioni che continuano a tenere gli elettori lontani dalle urne.

Credo che i motivi siano tanti, ma vadano ricercati prevalentemente nell’assenza di forme reali di una democrazia partecipata con il coinvolgimento dei cittadini nella definizione del programma regionale che affronti in maniera davvero alternativa all’esistente i temi della legge elettorale, dello Statuto, dei compensi economici per gli eletti, dello sviluppo economico, culturale e sociale, dei diritti essenziali per la collettività quali quelli alla casa, al lavoro, alla salute, all’istruzione, ai sistemi di comunicazione e di trasporto.

La vaghezza e talora la mistificazione di ciò che si legge sui documenti che circolano è francamente sconcertante per una popolazione che invece su tali temi si aspetta indicazioni chiare, concrete e realizzabili in tempi accettabili.

Confrontarsi con la società civile sui problemi della regione e sulle soluzioni agli stessi non significa frequentare talk show molto spesso condotti con interviste vaghe o condiscendenti, ma dialogare direttamente con i cittadini in assemblee pubbliche sul territorio che rappresentano il fondamento di una partecipazione reale.

Il problema su cui si stanno unicamente concentrando in questi giorni tutte le formazioni politiche sembra paradossalmente la scelta della figura del presidente della giunta e dei candidati al consiglio regionale.

Si scontrano aspirazioni di potere e intrighi di ogni sorta intorno ai quali i patteggiamenti appaiono assai difficili e sembrano emarginare perfino soggetti emergenti di indiscusso valore.

Di rinnovamento dei nomi neppure il più pallido accenno come se la conferma di certe candidature dipendesse da risultati brillanti fatti registrare nelle passate consiliature o da chissà quale diritto sconosciuto ai normali esseri umani!

C’è chi ancora pretende di convincere i molisani delle sue abilità amministrative pur sedendo da anni in Consiglio Regionale e avendo fatto incancrenire i problemi della popolazione senza alcuna capacità risolutiva.

Mi sbaglio o abbiamo vissuto un tempo nel quale si era finalmente giunti a chiedere un limite ai mandati o dobbiamo convincerci che nascano persone destinate alla politica da un DNA privilegiato?

L’esclusione delle primarie anche da parte del PD che ne aveva fatto uno strumento di democrazia diretta e del M5S che in proposito aveva inventato la “Piattaforma Rousseau” non mi meraviglia dopo le loro continue opzioni involutive o ambigue in tale direzione.

È piuttosto la posizione dei cosiddetti movimenti civici che al riguardo genera disincanto e anche tanta amarezza visto soprattutto il ruolo subordinato che stanno avendo nell’ipotetico perimetro allargato progressista.

Possibile che in un momento così delicato per il futuro della nostra regione non si senta la necessità neppure di chiamare i cittadini a riflettere, confrontarsi e suggerire le strade da percorrere per uscire dalle difficoltà davvero gravi che stiamo vivendo?

Questa politica, come la definisce papa Francesco, è “chiusa nei palazzi” e credo abbia smarrito il fine della sua funzione.

Davvero non riesco a capire come i molisani possano ancora tollerare che i vertici delle forze politiche a livello nazionale e locale dettino regole, programmi, coordinatori e candidati senza alcun rispetto per l’opinione pubblica e nel nostro caso oltretutto proponendo soggetti estranei alla regione.

Per la popolazione tutto questo è semplicemente umiliante, avvilente e inaccettabile!

La situazione disastrosa che vive il Molise ci dice della politica fallimentare posta in essere dalle classi dirigenti ormai da decenni, ma i molisani, invece di rivendicare con il voto libero e forti azioni di lotta politica i loro diritti, sembrano ancora alla ricerca di quelle logiche clientelari che sono state le cause prevalenti che non ci hanno mai permesso di avere in Consiglio Regionale candidati davvero lontani dalle pressioni di vertice, pienamente validi nell’attività legislativa e in quella di programmazione e gestione della qualità della vita della collettività.

Mi domando come faccia un popolo ad essere così assuefatto per esempio a difficoltà come quelle che sta vivendo nell’assistenza sanitaria e a non lottare per il cambiamento cercando e imponendo nelle candidature e nei ruoli direttivi la competenza di persone in grado di creare decisioni alternative e immediate.

Ci siamo mai chiesti perché in tali incarichi ci vengano spesso imposti soggetti esterni e non autoctoni?

Scrivo a poche ore dal sisma di martedì 28 marzo che pare abbia avuto l’epicentro a Montagano in provincia di Campobasso per fortuna a ben ventitré chilometri di profondità da cui l’energia liberata dalla scossa si è diffusa su una zona molto vasta evitando danni seri a persone e strutture edilizie.

Perfino su un fenomeno così pericoloso per la sicurezza della stessa vita dei cittadini la Regione Molise da anni è stata inadempiente nell’utilizzo dei fondi destinati allo studio di microzonazione del territorio che dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia avrebbe dovuto aiutarci a definire strategie di prevenzione dei rischi da movimenti tellurici.

Davvero dobbiamo convincerci che abbiamo bisogno di una svolta nel modo di concepire la politica definendo con estrema chiarezza la metodologia operativa, gli obiettivi da raggiungere, ma cercando nella soluzione dei problemi il supporto intellettuale e tecnico di persone competenti che pure in questi ultimi anni si sono spese per studiare e definire le linee dello sviluppo e dell’organizzazione sociale in questa terra che molti dicono di amare e di cui tanti invece si servono unicamente per raggiungere interessi personali o di gruppi di potere.

Per riportare la politica a un esercizio di servizio abbiamo allora la necessità di partire, come dicevo sopra, da una revisione radicale dello Statuto Regionale di cui nessuno parla, della legge elettorale e soprattutto dei compensi previsti per i consiglieri che sono talmente elevati, ma proprio per questo appetibili, al punto di aver ridotto le elezioni non a un incarico di rappresentanza, ma al rinvenimento di quello che sembra essere diventato uno dei modi più ricercati e perfino ostentati per vivere nell’agiatezza senza che sia previsto oltretutto alcun controllo d’impegno ed efficienza nello svolgimento del mandato stesso.

La costruzione di un’alternativa politica in Molise può realizzarsi per il bene di quanti ancora scelgono di rimanerci e può vedere un impegno convergente di soggetti dentro le istituzioni e nella società civile, ma non mi stancherò di ripetere che anche intorno a tanti input che pure esistono al riguardo occorre a mio avviso definire modalità operative efficaci e metodologicamente funzionali di elaborazione programmatica, sistemi di confronto democratico e ruoli per dare rappresentanza nelle istituzioni a istanze capaci di rifondare in regione una reale partecipazione democratica, uno sviluppo economico e servizi sociali accettabili.

Mi rendo conto che i tempi per una tale operazione politica sono stretti, ma l’obiettivo va perseguito per dare un minimo di speranza soprattutto alle nuove generazioni.

(Umberto Berardo)

Articoli correlati