Francesco Jovine, uno dei maggiori scrittori del Novecento italiano, nasce a Guardialfiera (Campobasso) il 9 ottobre 1902 e qui trascorre l’infanzia.
Il padre è un piccolo proprietario terriero e perito agrimensore. Seguendolo, il piccolo Francesco ha modo di entrare in contatto con il mondo contadino e le condizioni di miseria della popolazione.
A nove anni entra nel convitto vescovile di Larino.
Quindi a Velletri (Roma) e a Città Sant’Angelo (Pescara), dove a 16 anni consegue il diploma di maestro elementare.
Torna a Guardialfiera, dove dove trascorre un anno d’attesa, dedicandosi alle letture, quindi svolge il ruolo di istitutore nei collegi di Maddaloni (Caserta) e di Vasto (Chieti).
Nel 1922 presta servizio militare a Roma, ostile al militarismo, tra ribellioni e punizioni. Nel frattempo vince il concorso a cattedre e torna, come docente, nella sua Guardialfiera. I primi anni di insegnamento coincidono con gli studi di filosofia (Croce e in genere i maestri dell’idealismo). Trasferitosi definitivamente nella Capitale nel 1925, si iscrive al magistero, si laurea e diventa assistente di Giuseppe Lombardo Radice, avvicinandosi quindi ai problemi del Mezzogiorno.
Dal 1927 collabora a “Italianissima”, a “Diritti della Scuola”, quindi a “Il Mattino”, “Oggi”, “Il Popolo di Roma” e ad altre riviste. Nel 1928 si sposa con Dina Bertoni, anche lei insegnante. L’esordio letterario è con un racconto per ragazzi, “Berlué”, nel 1929.
Del 1933 è la commedia in quattro atti “Il burattinaio metafisico”. Il primo romanzo è “Un uomo provvisorio”, pubblicato a Modena nel 1934. Il secondo, “Ragazza sola”, viene pubblicato a puntate in un periodico per insegnanti nel 1936. Superato il concorso di direttore didattico, dopo un periodo di permanenza a Tunisi (1937-38) e al Cairo (1939-40) presso le scuole italiane all’estero, torna in Italia nel maggio 1940, continuando a collaborare con i giornali. Frequenta pochi letterati, tutti antifascisti.
Porta avanti i suoi studi di filosofia, si interessa anche a Freud e alla psicanalisi, approfondisce gli studi sulla questione meridionale. Si dedica alla narrativa. I temi conduttori sono quelli della società meridionale, in particolare il mondo contadino della società molisana. “Ladro di galline”, serie di racconti maturati nel periodo passato all’estero, è del 1940.
Nel 1941 torna nel suo Molise come inviato speciale del “Giornale d’Italia” e firma una serie di corrispondenze. Un vecchio racconto abbozzato sin dal 1929, “Pietro Veleno, brigante”, è alla base del nuovo romanzo “Signora Ava”, pubblicato da Arnaldo Bocelli nella collana che dirige per l’editore romano Tumminelli. Siamo nel 1942.
Nel 1943 aderisce alla Resistenza, affiancando i militanti del Partito d’azione e del Partito comunista. Il 1945 segna il ritorno al teatro di Jovine con la commedia “Giorni che rinasceranno” (messa in scena nel 1948). Nello stesso anno Einaudi pubblica un’altra raccolta di racconti, “L’impero in provincia”. Sempre con Einaudi esce “Tutti i miei peccati” nel 1948. Nello stesso anno, Jovine diviene comunista militante, collaborando a “Rinascita”, all'”Unità”, a “Vie Nuove”. Aderisce all’Alleanza della cultura di Emilio Sereni. Causa una grave disfunzione cardiaca, Jovine muore nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1950. Il suo romanzo più importante, “Le terre del Sacramento”, esce postumo nel giugno 1950, ottenendo nello stesso anno il premio Viareggio. E’ una delle più significative espressioni del neorealismo.
Escono postumi altri racconti e commedie.
Nel 1960 Einaudi raccoglie tutti i “Racconti”, mentre nel 1967 vengono riprese in volume, a Campobasso, le cronache del “Viaggio nel Molise” apparse sul “Giornale d’Italia” nel 1941, riproposte ad Isernia nel 1976 e, ancora, a Campobasso nel 2001.
Francesco D’Episcopo ha ristampato il romanzo “Un uomo provvisorio” (Editore Marinelli, Isernia 1982); ha pubblicato le “Commedie inedite e Cronache teatrali” (Editore Longo, Ravenna 1983); ha raccolto per la prima volta in volume il romanzo “Ragazza sola” (Edizioni Enne, Campobasso 1987).
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