Giordano Bruno

La statua di Giordano Bruno
a Campo de’ Fiori a Roma

A Roma c’è una piazza che è il simbolo universale della laicità. E’ piazza Campo de’ Fiori, nel cuore della Capitale, dove il filosofo Giordano Bruno venne arso vivo il 17 febbraio 1600 per le sue idee controcorrente da “obstinatissimo eretico”, come lo hanno appellato i cattolici del suo tempo. In quella piazza c’è la celebre statua a lui dedicata, che costituisce un monito: non a caso Campo de’ Fiori è il luogo naturale per le manifestazioni a difesa e a sostegno dei diritti umani.

Oggi quel fine pensatore meridionale, nato a Nola, in Campania, nel 1548, è considerato uno dei più emblematici martiri della libertà di pensiero. Proprio lui che appena diciassettenne vestì l’abito domenicano a Napoli, sacerdote a 24 anni e dottore in teologia tre anni dopo.

Il filosofo nolano, sostenuto da un’inesauribile passione per lo studio, diventò in breve tempo uno dei più brillanti intellettuali d’Europa. Ma la ricerca costante della verità lo ha posto in contrasto con la cultura oscurantista del suo tempo, di cui sarà vittima anche Galileo Galilei, “salvato” dall’abiura.

Chiesa di san Domenico a Napoli dove Bruno divenne sacerdote

Giordano Bruno no, non ha mai ceduto a compromessi. Accusato di eresia, spogliatosi dell’abito domenicano, ha vagato per anni di città in città, da Genova a Savona, da Torino a Padova, da Bergamo a Venezia, fino a Ginevra, dove ha aderito per breve tempo al calvinismo, a Tolosa, dove ha ottenuto la cattedra di filosofia, a Londra e ha incontrato la regina Elisabetta. Qui ha composto alcune tra le sue opere principali: La cena delle ceneri, dove difende l’eliocentrismo copernicano; De l’infinito universo et mondi, in cui presenta la teoria di un universo infinito, composto da innumerevoli mondi; Lo spaccio della bestia trionfante e Degli eroici furori. 

Ritratto di Giordano Bruno del 1824, basato su ritratti precedenti

I suoi trasferimenti sono stati continui: dall’Inghilterra è passato in Francia, quindi in Germania, dove ha insegnato a Wittenberg, a Praga, Helmstedt, Francoforte e infine a Venezia, invitato dal nobile Giovanni Mocenigo per apprendere dal filosofo l’arte della memoria, quella “mnemotecnica” di cui Bruno è maestro. Ma nel maggio 1592 sarà proprio Mocenigo a consegnare all’Inquisitore di Venezia l’accusa di eresia nei confronti di Bruno, che viene arrestato. L’anno successivo sarà estradato a Roma, dove ha inizio il processo che durerà sette anni. Verrà condannato alla pena capitale, in quanto eretico “formale, impenitente, pertinace”;  i suoi libri sono messi all’indice e condannati al rogo. Verrà arso vivo, appunto, il 17 febbraio 1600: l’odore della carne bruciata, si racconta, fu avvertito in tutta la zona.

Ma quali erano queste teorie così pericolose da condannare al rogo sia i libri che le contenevano, sia il loro autore? Un ottimo sunto è stato effettuato dall’Istituto che porta il suo nome a Perugia. Ecco alcuni punti nodali:

  • L’universo è infinito. Se Dio è la causa dell’universo, e Dio è infinito, l’universo non può che essere infinito. Se l’universo è infinito, non ha senso parlare di sopra e sotto, destra e sinistra, centro e periferia, e innumerevoli sono i pianeti abitati.
  • Se Dio è infinito, non ha limiti. Dio è il principio razionale insito nelle cose, quindi coincide con la natura (è immanente, non trascendente). Tutto è animato. Si tratta di una concezione panteistica dell’universo.
  • Difesa della teoria copernicana. Bruno ridicolizza la visione geocentrica aristotelico-tolemaica: la Terra e l’uomo non sono al centro dell’universo. Fa notare che “Non più la luna è cielo a noi, che noi a la luna” (se si potesse andare sulla Luna, vedremmo la Terra nel cielo come fosse la Luna).
  • La religione (il “dogmatismo dei teologi”) elo studio della natura (la “libertà dei filosofi”)si collocano in ambiti diversi, ma possono convivere: la religione ha un’utilità pratica e politica, serve a educare e governare “i rozzi popoli”, mentre la ricerca filosofico-naturalistica non ha bisogno di “fede”.
  • Esaltazione del lavoro umano, sia manuale che intellettuale. L’ozio e la rassegnazione sono i peggiori vizi dell’uomo. A differenza degli altri esseri, l’uomo possiede l’intelligenza e la mano che gli permettono di modificare la natura e continuare così l’opera di creazione divina (creando manufatti e opere dell’ingegno, l’uomo si avvicina all’opera creatrice di Dio). L’uomo è quindi superiore a tutti gli altri esseri non perché dotato di anima, ma semplicemente in quanto è fornito di determinate caratteristiche fisiche (mano e intelligenza).
  • Lo studio della natura è la più alta aspirazione dell’uomo. La passione per la conoscenza e la verità sono paragonati a una passione amorosa, un “eroico furore”.

Tali tesi fanno di Giordano Bruno un innovatore della filosofia rinascimentale e un precursore della modernità. Spirito critico e spesso ribelle, insofferente verso qualsiasi forma di dogmatismo, testimone di verità, ha consacrato la propria vita alla studio, alla ricerca e alla difesa della libertà di pensiero.

Per saperne di più:

Giordano Bruno (dal Dizionario Biografico degli Italiani) Link a: http://www.treccani.it/enciclopedia/giordano-bruno_%28Dizionario-Biografico%29/

Giordano Bruno, film del 1973 di Giuliano Montaldo

Una scena dal film “Giordano Bruno” di Giuliano Montaldo (1973) con Gian Maria Volontè

LIBRI (SCARICABILI)

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Giordano Bruno – Cena delle ceneri

Giordano Bruno – De l’infinito, universo e mondi

Giordano Bruno – De la causa principio et uno

Vita di Giordano Bruno (Vincenzo Spampanato)

Giordano Bruno nella storia della cultura (Giovanni Gentile)

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