Gli “AutoSinistrati” del Molise

C’era l’occasione unica di affidare la Regione Molise ad un governatore di alto spessore umano, culturale e mediatico quale Domenico Iannacone. Molisano doc, che incarna la storia umana e professionale della maggior parte dei corregionali, quelli costretti a fare le valigie e, tra non pochi sacrifici, ad affermarsi fuori dai confini territoriali.

Al di là di destra e sinistra, avremmo avuto un governatore – ammesso che i molisani residenti l’avrebbero votato – di sicuro talento, che avrebbe riscattato decenni di isolamento e di costante “obnubilamento” della maggior parte degli italiani verso il Molise, fino a renderlo continuo oggetto di derisione e di dileggio. Iannacone è uno dei pochi molisani con una visibilità nazionale e un gradimento insiti nella maggior parte degli italiani. Ci avrebbe fatto risparmiare, soltanto con la sua elezione, milionate di euro in discutibile opera di promozione del territorio, quasi sempre infruttifera. Lo avremmo visto in dibattiti televisivi nazionali, dove un qualsiasi rappresentante del Molise è eternamente assente.

In genere, infatti, i governatori del Molise sono delle comparse. Quando a Roma si vota per i presidenti della Repubblica – e i governatori regionali sono costituzionalmente chiamati ad unirsi ai parlamentari – i giornalisti riconoscono quasi tutti i presidenti, mentre il molisano resta un oggetto sconosciuto. Per non parlare delle classifiche sul gradimento che i cittadini riservano ai propri governatori, con il Molise in genere agli ultimi posti.

Questa regione avrebbe ormai bisogno di uno scatto d’orgoglio, ma vero, non di quelli imbevuti nella “retorica delle origini”. Lo si dice da anni, ma non avviene alcunché. Anzi, le cose peggiorano di anno in anno.

I dati regionali demografici, economici e dell’offerta di servizi attestano un territorio in costante e drammatico declino. In alcuni casi si può parlare ormai di “desertificazione”. L’allarme delle diocesi va avanti da anni. In alcuni paesi dell’entroterra, a momenti sono più le case in vendita che quelle abitate. Anche il bacino dell’emigrazione, spesso essenziale per le rimesse ed animare l’economia dei paesi d’origine, è agli sgoccioli: a Roma se negli anni Settanta i molisani erano 30mila, oggi sono meno di 10mila. E molti di loro, specie figli e nipoti, rinnegano le origini di fronte ad un territorio così disastrato e schernito.

Quando abbiamo lanciato e condiviso la proposta di candidatura per l’amico Iannacone, ci sono giunte mail di parere contrapposto. Ma tutte denunciavano la situazione drammatica della regione. Dalla Germania c’è arrivata la mail di un molisano che ha sputato veleno contro la regione d’origine, in particolare a livello istituzionale, definendola “un orrendo baraccone di parassiti, famuli, voraci suini, cortigiani, che da sempre grufolano e grugniscono” E sostiene che servirebbe una “wende”, che in tedesco significa “svolta”.

Abbiamo visto in passato come i concetti di “destra” e di “sinistra” in Molise siano molto sfumati. I “salti della quaglia”, pure ai vertici, sono stati disinvolti. C’è una classe amministrativa che, salvo poche eccezioni, è ancorata da anni al potere, dimostrando tutta la propria inefficienza. Del resto “chi ha la pancia piena non si muove”.

Sia la destra sia la sinistra danno pessimi spettacoli. E l’ultimo “inciucio” offerto dalla “sinistra”, con la scelta di Gravina (effettuata più a Roma che in loco), è emblematico. Tra l’altro occorrerebbe capire cosa ne sa Elly Schlein del Molise: forse la famiglia avrà avuto in Svizzera qualche donna di servizio di origine campobassana?

Non conosciamo Gravina, come del resto lo ignora la maggior parte dei molisani a Roma e nel mondo. Per cui ogni commento sarebbe fuori luogo. Sarà sicuramente una brava persona. Conosciamo però Campobasso, città che in questo quattro anni di amministrazione monocolore pentastellata non ha visto “svolte”, anzi, in alcuni casi i problemi sono esplosi e sono evidenti, come nella raccolta differenziata o nei dati economici. Se Napoli e Salerno sono state rivoltate come calzini e sono ormai costantemente piene di turisti, Campobasso resta una chimera. Hanno fatto persino meglio Larino, con le luminarie natalizie, e Termoli, con le presenze mediatiche.

C’è poi il pessimo costume di abbandonare una carica, frutto di scelte dei cittadini, per candidarsi ad un’altra. Sorta di gioco di carte che, in genere, finisce male. Lo fece anche Veltroni quando era sindaco di Roma, per finire malamente triturato da Berlusconi e spalancare le porte della Capitale alla destra di Alemanno. Ora nelle mani di chi finirà Campobasso, ulteriore salto nel buio? Davvero del Pd, per onorare l’attuale accordo sulle elezioni regionali “regalate” ai Cinque Stelle? E, soprattutto, Gravina eventuale governatore davvero sarà in grado di assicurare quella “wende”, quella “svolta” al Molise?

Articoli correlati