Guardialfiera: rinvenuta aureola del XVII secolo

Un’aureola del secolo XVII rinvenuta tra le mura della Cattedrale a Guardialfiera.

E’ così bello assistere al divertimento dell’“impossibile” nel momento in cui vuol rendersi “possibile” e visibile anche alla nostra incredulità. E’ successo un po’ così il 25 maggio, quando una piccola aureola, non so se di ferro o di bronzo, apparve prodigiosamente tra le masse murarie della Cattedrale a Guardialfiera, scassata appena in quel particolare punto, per incastrarvi i cardini della nuova artistica “Porta Santa” di bronzo: rivelazione di munifici mecenati, riguardosa espressione della famiglia Ferro: i sovrani della “Pasta Molisana”, prodotta da quell’antico pastificio che trasporta in giro nel mondo il nome e la dignità del Molise.

Quale che sia l’elemento costitutivo del dissotterrato sacro cerchietto – o che sia di ferro o di bronzo – interessa poco. Perché sia l’una sia l’altra materia, è infatti sbalorditivamente riconducibile ad una bella realtà, poiché veramente di bronzo è il portone fatto dono da loro al nostro tempio, e perché di ferro è il loro cognome. Né esiterei a questo punto definire la faccenda, come una epifania di predilezione divina nei riguardi di una generosa dinastia.  Seppur compromesso dai miei tanti giorni o… diversamente giovane alla maniera di Vincenzo Ferro, mio coetaneo (ma egli ama definirsi, “florido” come il Papa della nostra stessa età), mi adagio ad osservare ancora il teatro della vita, a vegliare e a vagliare nei segni “dei tempi”, la presenza suprema “del Padrone del Tempo”. E mi rendo conto come l’impossibile reperto del 25 maggio, possa spiegarci che non tutto è nelle nostre mani e che non tutte le cose son gettonate, né capitano per effetto delle nostre commissioni aziendali; e che la realtà ci prevarica con la sua forza imprevedibile e invincibile.

Ci indica che dentro questo ritrovamento può anche insediarsi la fede, quella valida, salda che ci fa tenere  in mano la fiaccola della vita e della speranza e capire che, sopra il magma ribollente della storia, c’è sempre un segno imprevedibile del sovrumano.

Giorni fa, al mio fianco, sedeva Franco Valente dentro il Castel Pandone di Venafro, e chiedevo a lui,  intenditore supremo dei “segni”, una valutazioni sulla rivelata aureola della nostra Porta Santa. “Risalirebbe al XVII-XVIII secolo”, replica. “In quel  periodo una piccola ghirlanda, magari anche di oro, veniva posta sul capo di Gesù Bambino nell’atto liturgico dell’adorazione e durante il rito del bacio dei fedeli al Bambinello”.

Scruto, intanto, e ingrandisco la foto dell’aureola. La trovo meravigliosamente stimolante e interessante. Vedo nove anellini in una curva piana: una elisse, la cui forma ricorda quella dell’uovo. Soltanto il decimo, al centro, è circolare: è l’Assoluto! L’uovo era uno dei simboli più importanti in molte culture del mondo. Era considerato sacro. Per molte popolazioni fu lo scoppio cosmico di un uovo a generare la vita. In alcune credenze, il Cielo e la Terra, erano ritenute due metà dello stesso uovo, l’ immagine del ritorno alla vita, e la Pasqua, addirittura nella cristianità è il trionfo di Gesù Risorto. Da qui le nostre tradizioni leggendarie e secolari legati alle uova, di cui quelle pasquali son l’esempio più diffuso e commerciale. Ma proprio nove nell’aureola, perché?

Perché nove è il simbolo del miracolo essendo il quadrato di tre, di Dio uno e trino. Nove è il numero della generazione e della incarnazione, indica infatti il periodo anche della gestazione di Gesù: nove mesi dall’Annunciazione (25 marzo) al Natale (25 dicembre).. Il nove, secondo Pitagora, è il numero eterno che si riproduce in ogni moltiplicazione. Nove: numero della pazienza, della meditazione, dell’armonia. Gesù spirerà sulla croce nell’ora nona e apparirà nove volte ai discepoli dopo la risurrezione. Nove il coro degli angeli; nove i giorni di preghiere nelle novene; nove i livelli dell’Inferno di Dante; nove le parti della lingua Italiana; nove i pianeti scoperti nel nostro sistema solare. Nove è il numero che sorregge l’amore, che è presente anche nell’oscurità e che brilla come un filo d’oro in un ricamo di cielo.

(Vincenzo Di Sabato)

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