Il Covid lacera l’Occidente, ma non la Cina

Destano una certa impressione – ma fino ad un certo punto – i numeri economici che arrivano dalla Cina. Il colosso asiatico, che ha messo sostanzialmente alle spalle la pandemia con una gestione fortemente verticistica e intransigente, in linea con le caratteristiche politiche e sociali del Paese, in questi mesi cresce addirittura più dello scorso anno. Il surplus commerciale di Pechino a novembre ha toccato un nuovo primato, salendo a 75,4 miliardi di dollari. È il livello più alto di sempre. Il valore è addirittura doppio rispetto ai 37,18 miliardi segnati nello stesso mese del 2019 e ai 58,4 miliardi toccati a ottobre. Tutto ciò al di sopra anche delle attese degli analisti, che stimavano un surplus di 53,5 miliardi.

La Grande Muraglia

Insomma, la Cina si conferma “una macchina da guerra” con pochi eguali sui fronti economico e commerciale: mentre il resto del mondo arranca, flagellato dal Covid, in Oriente stanno praticamente approfittando delle difficoltà altrui per assestare invidiabili colpi economici.

Ad esempio, mentre l’economia globale registra Pil in negativo su larga scala e nella maggior parte dei settori, il Pil cinese è cresciuto complessivamente del 4,9 per cento nel terzo trimestre di quest’anno. E va alla grande anche la bilancia commerciale, che beneficia della rilevante avanzata delle esportazioni, in crescita da sei mesi consecutivi: il dato del più 21,1 per cento su base annua la dice lunga sul nuovo miracolo cinese che sta spiazzando tutti gli osservatori internazionali.

Colpisce che nonostante la guerra commerciale promossa dall’amministrazione Trump contro Pechino, la Cina abbia continuato ad aumentare il surplus anche nei confronti degli Stati Uniti, salito a 37,42 miliardi a novembre rispetto ai 31,37 miliardi di ottobre.

Il colosso asiatico si muove da anni con lungimiranza, puntando su comparti strategici – ad iniziare dalle nuove tecnologie – e sfruttando appieno la globalizzazione, andando a “colonizzare” commercialmente i territori più promettenti.

Emblematico quanto racconta Il Corriere della Sera: il solo comparto delle bici, un tempo eccellenza italiana, in Cina ha raggiunto 1,1 miliardi di dollari in export, sfruttando la pandemia. Addirittura le fabbriche asiatiche non riescono a soddisfare tutta la richiesta internazionale.

Tale quadro riaccende consumati interrogativi: è inevitabile accettare la supremazia di Pechino, favorendo rapporti politici ed economici, nonostante si rischi di cedere il passo ad un’economia e ad una società dove gli aspetti etici e pluralisti, tipici delle democrazie occidentali, possano essere definitivamente emarginati? Nel contempo sarà utile, oltre che necessario, accettare la lezione cinese – anche contro le derive sovraniste – per salvare le economie e il libero mercato in un vecchio continente sempre più in crisi?

A queste domande dovrebbe rispondere la politica italiana, anziché occupare da settimane il dibattito su possibili rimpasti o addirittura crisi di governo, con incoscienza visto il periodo.

(Domenico Mamone)

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