Il libro di Naro, una lettura teologica di Dante

”Si può definire Dante un teologo? E – se lo fu – a quale scuola teologica medievale appartenne? O per lui possiamo parlare di una teologia personale dove ragione e fede stanno in dialogo al centro di ogni lettura esegetica possibile? L’«alta fantasia» è la teologia poetica di Dante, la cifra della sua eccellenza rispetto alla Scolastica medievale, la «terza teologia» tra platonismo monastico e aristotelismo universitario. Una teologia laica, trasversale alle diverse correnti dell’epoca. Soprattutto, è l’inversione di tendenza rispetto al pregiudizio degli accademici del Medioevo più maturo, per i quali la verità è difficile molto più che bella, ragion per cui la poesia non sarebbe all’altezza di occuparsene.

L’«alta fantasia» è, in tal senso, l’estremo tentativo di evitare il divorzio tra ragione e fede, tra mente e cuore, tra verità e bellezza, fra teologia e messaggio biblico.

L’«alta fantasia» è il titolo emblematico del nuovo volume di Massimo Naro, preso dal verso 142 del XXXIII Canto del Paradiso. Quello dove l’Alighieri – alle prese con il mistero profondo e alto del Dio di Gesù Cristo, il Dio-Agape, il Dio-Amore – ammette d’aver dato ormai fondo alle risorse della sua «alta fantasia»: «A l’alta fantasia qui mancò possa».

Docente di teologia da tempo dedito all’approfondimento del rapporto tra letteratura e teologia, nel suo «Alta fantasia. L’altra teologia di Dante Alighieri» pubblicato con Scholé, marchio di Morcelliana (pagg. 144, euro 12), Naro rilegge qui la Commedia raccogliendo il suggerimento di T.S. Eliot che invitava a partire – nella rilettura del testo – dall’ultimo Canto della terza cantica, e ovviamente, passando attraverso i canti del Purgatorio.

L’esito è in questo volume che riflette sui versi danteschi e va oltre. Il volume viene pubblicato in collaborazione con la Società Dante Alighieri, il cui presidente, Andrea Riccardi, firma la prefazione, osservando che «l’autore condensa un lievitare di pensiero originale, portando il discorso dell’Itinerarium mentis in Deum a sviluppi nuovi nel contesto storico-esegetico della Divina Commedia», manifestando pure attenzione ai suggestivi disegni del Maestro Ernesto Lamagna che corredano queste pagine.

Un saggio denso, che scandaglia il pensiero del Sommo Poeta fra problemi estetici e questioni teologiche, rimandi biblici e filosofici e ne sembra sbalzare il profilo da un’epoca in cui i mistici esaltavano il fuoco dell’amor divino che i poeti, dal canto loro, secolarizzavano in amor cortese.

Un viaggio dentro un capolavoro eterno che porta il lucido approfondimento di Naro – nella parte conclusiva – a condividere la tesi del grande Romano Guardini: «La fine della Divina Commedia è la visione e la comprensione non di Dio, ma del Figlio di Dio divenuto uomo e, a partire da Lui, del mondo»

Articoli correlati