Il 40 per cento delle risorse nazionali del Piano nazionale di ripresa e resilienza (82 miliardi di euro) sarà destinato al Sud Italia. Un’occasione da non farsi sfuggire, per tentare di colmare l’annoso gap con l’Italia del Centro-Nord. Il sistema produttivo del Mezzogiorno è infatti più debole e meno competitivo rispetto alla media nazionale: pur vivendo qui il 34 per cento della popolazione nazionale, questo territorio sviluppa solo il 22 per cento del Pil. Al Sud le infrastrutture sono più scarse, mentre maggiore è la dipendenza dalle risorse pubbliche e la presenza della criminalità organizzata. La sfida del Pnrr sarà quella di trasformare non solo l’economia, ma anche il sistema sociale in cui cittadini e imprese operano.
Claudio De Vincenti, presidente onorario della Fondazione Merita – Meridione Italia, ha introdotto la tematica dell’incontro di questa mattina nell’Aula Kessler del Dipartimento di sociologia.
Ha spiegato in breve le vicende economiche del Meridione degli ultimi decenni, partendo dalla crisi del 2008 che ha impattato in misura maggiore su un sud Italia già molto indebolito. I semi del cambiamento si sono intravisti alla fine del ‘900, con la nascita dell’imprenditorialità e di molte piccole imprese e la crescita di alcuni settori come l’automobile, la meccanica, i mobili, l’abbigliamento e la farmaceutica. L’impatto della pandemia – ha spiegato De Vincenti – è stato mitigato grazie alle misure del governo che hanno evitato cadute occupazionali troppo pesanti e scongiurato il depauperamento drammatico del tessuto produttivo.
Antonio Accetturo (capo della Divisione Analisi e Ricerca Economica Territoriale della Filiale di Trento, Banca d’Italia) ha sostenuto come bisogna dare un ruolo centrale alle politiche pubbliche nel Mezzogiorno.
“Lo svantaggio competitivo delle imprese italiane c’è stato perché rispetto ad altri paesi utilizziamo meno le nuove tecnologie – ha detto Anna Giunta dell’Università Roma Tre e direttrice Centro di ricerca Manlio Rossi-Doria – Lo stanziamento del Pnrr è congruo ed è positivo che sia in un orizzonte di medio periodo. Vanno però tenute a mente le precedenti politiche istituzionali, gli errori e quello a cui hanno portato”
Secondo Marco Zigon (presidente Gruppo Getra e Matching Energies Foundation) il Mezzogiorno può giocare un ruolo fondamentale nella transizione energetica. “Deve diventare hub strategico per la produzione e trasmissione di energia verso l’Italia e verso l’Europa – ha detto Zigon – È il luogo dove verrà prodotta più energia rinnovabile e dove si potrà quindi sviluppare la filiera dell’energia. Se sapremo fare in modo che la burocrazia non rappresenti un freno, sarà una spinta per lo sviluppo del Mezzogiorno”.
Luca Bianchi (direttore generale della Svimez) ha ricordato come il Pnrr abbia da vincere una doppia sfida: aumentare la produttività del sistema e cambiare il sistema sociale in cui cittadini e imprese operano, interrompendo il processo di convergenza sociale nel Mezzogiorno.(ao)