Il Molise dai confini sbiaditi

C’era davvero bisogno di “Report” per sapere, o capire, che di latte molisano in giro ce n’è sempre meno e di conseguenza stanno sparendo anche i prodotti tipici del Molise, un po’ come l’artigianato e tutto il resto? In fondo basta guardarsi intorno: quante mucche da latte ci sono ancora in giro rispetto a vent’anni fa? Dove sono? E quanti greggi di pecore fanno parte dei nostri panorami? E quante capre marciano ai bordi delle nostre strade sempre più intasate anche perché ferme agli anni settanta? Che fine hanno fatto quei muli e quegli asini che dimoravano persino nei centri storici dei nostri borghi?

Signori, romanticoni, la civiltà contadina e quella pastorale sono morte da un pezzo. E con loro sono scomparsi pure tanti valori. Ahinoi. Già Pasolini in anni non sospetti lanciava l’allarme. Aveva ragione da vendere. Ora c’è chi si stupisce, ma evidentemente o non s’è davvero accorto di nulla o ci marcia.

Il latte, le uova, le verdure, quel po’ di frutta, le carni. Certo, occorre fidarsi di chi ancora fa l’autoproduzione per sé stesso o la propria famiglia. O di chi vende qualcosa – ma proprio qualcosa – a chilometro zero. E fa bene pure a vendere il formaggio a 20 euro al chilo perché se il latte è quello buono non è acqua. Ma se il formaggio è venduto a qualche euro già fa nascere i sospetti. Perché in giro è pieno di furbi in quella che un tempo era alimentazione con l’orto di prossimità ed oggi fa più fico chiamarlo food.

E’ la globalizzazione, bellezza. Il formaggio t’arriva anche on-line, basta un click, lo paghi relativamente poco, ti dicono che viene da quel suggestivo paese molisano o da quell’altro più di montagna, ma poi non ti stupire se scopri che il latte è bulgaro, se le mani che l’hanno lavorato sono indiane, se chi lo vende punta solo a fare affari cinicamente perché Pasolini non l’ha mai letto o forse sa solo che era omosessuale.

Quel Molise onirico, emozionale, incontaminato in gran parte è realmente scomparso. Facciamocene una ragione. Purtroppo. E non è riuscito nemmeno a voltare totalmente pagina, ad inserirsi appieno nei flussi commerciali o in quelli turistici o mediatici, rimanendo incagliato nei peggiori residui di una mentalità provinciale.

Le antiche abilità produttive dei nonni e dei padri sono naufragate, con i passaggi generazionali, negli uffici pubblici imbottiti a dismisura. Spessissimo inutili. Nell’appiattimento delle routine e delle disabilità, nello sfarinamento delle conoscenze, nel deprezzamento del merito. Le braccia molisane, quelle ancora con la voglia di lavorare, sono spesso finite altrove. Dissanguando le comunità, sbiadendo i ricordi, uccidendo sempre più paesi.

Oggi il colonizzatore del food è il latte tedesco o bulgaro. Complice l’imprenditore senza scrupoli che fa l’imprenditore dei nostri tempi. Etica zero. Domani, forse, saranno i cinesi i nuovi colonizzatori, i Borboni del futuro.

I confini del Molise, in epoca di mondializzazione, purtroppo hanno sempre meno senso. Amaramente.

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