Il processo di secolarizzazione e la chiesa cattolica italiana

In un’ottica weberiana la secolarizzazione consisterebbe in una profonda razionalizzazione degli aspetti della vita che sarebbe iniziato con lo sviluppo della scienza e l’estensione del potere degli Stati.

Con essa in ogni caso non intendiamo soltanto un fenomeno per la conquista di autonomia delle istituzioni politiche e sociali e della vita dall’influenza e spesso dal controllo delle religioni o delle chiese come una manifestazione emancipativa nella ricerca culturale, ma ne parliamo sempre più come un vero e proprio modo di pensare ed uno stile di vita desacralizzati che in molti casi si spingono fino a forme di nichilismo.

Di quest’ultima accezione del fenomeno molto si è occupato Umberto Galimberti nel saggio “L’ospite inquietante, il nichilismo e i giovani” edito da Feltrinelli.

Sta di fatto che nel XX secolo, soprattutto a partire dagli anni sessanta, la tradizione cattolica, da sempre costituente un fattore identitario per il popolo italiano, ha visto diminuire il complesso ruolo antropologico, culturale ed etico ad eccezione della fase legata al pontificato di Karol Wojtyla ed in parte oggi a quella di papa Francesco.

L’impressione di una rivitalizzazione religiosa nel mondo si è legata in parte ai fenomeni dell’attività missionaria ed alla radicalizzazione fondamentalista delle posizioni teologiche che in ogni caso non sono riuscite a ridare un ruolo di guida in particolare a quella Chiesa cattolica che in Occidente lo aveva sempre avuto.

La secolarizzazione in Italia appare sempre più come una recessione dell’effettiva pratica religiosa cattolica legata non tanto ad espressioni verbali di fede quanto piuttosto a comportamenti e scelte concrete di vita.

I dati ISTAT ne sono una conferma chiara.

La partecipazione ai riti collettivi ed in particolare alla messa domenicale è del 30% rappresentata da una fascia di popolazione sempre più anziana e meno acculturata; molto acuto è il problema dei sacramenti con una forte diminuzione soprattutto della pratica della confessione; sono ormai quattro su dieci i matrimoni celebrati con il solo rito civile, così come sono quasi due su dieci i figli nati da coppie non sposate mentre al contrario solo il 10% della popolazione decide di non destinare l’otto per mille della dichiarazione di reddito alla Chiesa cattolica e parimenti il 10% degli studenti sceglie di non avvalersi dell’ora di insegnamento della religione cattolica a scuola; negli ultimi due decenni è lo stesso modello familiare tradizionale ad essere entrato in crisi con una crescente diffusione delle convivenze senza matrimonio o delle unioni di fatto; anche il numero dei funerali cattolici è diminuito passando secondo le statistiche annuali pubblicate dalla CEI da 243.705 a 233.937.

Permane la fiducia nella Chiesa come istituzione educativa ed operatrice di solidarietà a prescindere dalla condivisione della fede.

La pratica religiosa sembra sempre più legata al genere ed all’età interessando soprattutto donne ed anziani, ma ha anche una sua geografia essendo più assidua nei piccoli Comuni e nelle regioni meridionali.

In generale il Nord appare più secolarizzato del Sud, mentre il Centro si pone in una posizione intermedia.

Un tale evidente processo non ha generato in ogni caso un orizzonte valoriale laico alternativo nel Paese in cui permangono diversi aspetti deteriori della cultura politica degli italiani quali la corruzione ed il conflitto d’interessi, ma anche l’individualismo, il particolarismo, l’indisponibilità all’impegno pubblico, l’assenza di senso civico legata soprattutto all’evasione e all’elusione fiscale, l’incapacità di un confronto pacato e deideologizzato per la realizzazione del bene comune.

L’allontanamento da fede e pratica religiosa non riguarda solo la chiesa cattolica.

Il gesuita Christoph Theobald ha definito il fenomeno come una “esculturazione” del cristianesimo dalla cultura europea ed occidentale.

È chiaro che lo stesso va affrontato senza sfuggire ai cambiamenti radicali che toccano la società, ma vivendone i problemi con riflessioni che affondano nel Kerigma evangelico e con stili di vita conseguenti.

Lo sottolinea con estrema chiarezza già il documento della CEI “ Educare alla vita buona del Vangelo” del 2010 al n. 9 “Considerando le trasformazioni avvenute nella società, alcuni aspetti, rilevanti dal punto di vista antropologico, influiscono in modo particolare sul processo educativo: l’eclissi del senso di Dio e l’offuscamento della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità personale in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le generazioni, la separazione tra intelligenza ed affettività. Si tratta di nodi critici che vanno compresi e affrontati senza paura, accettando la sfida di trasformarli in altrettante opportunità educative”.

La consapevolezza è nella convinzione che stiamo vivendo una nuova crisi globale e dunque anche della cristianità, ma di sicuro non quella del Cristianesimo

Le cause di un tale processo di secolarizzazione sono varie ed articolate.

Siamo intanto di fronte ad una fede spesso troppo legata al rito, talora lontana da una testimonianza fedele al Vangelo, incapace di accompagnare il vissuto.

La crisi delle vocazioni ha portato a molte ordinazioni di sacerdoti adulti talora senza un adeguato percorso formativo e con una cultura limitata ma anche spesso tutta interna al sistema che rende problematiche le loro relazioni con il popolo di Dio costituito da un laicato che, nonostante il Concilio Vaticano II, non è riuscito a guadagnare ruoli di partecipazione decisionale all’interno di una Chiesa fondata su una gerarchia maschilista e verticista, sulla sacralità del sacerdozio e non su quella dei poveri che sono la vera immagine di Dio e di quel popolo che deve essere il centro di ogni azione di liberazione e promozione umana.

L’immagine della Chiesa è poi spesso offuscata dal comportamento non proprio lineare di certi prelati, dagli scandali degli abusi sessuali sui minori e da operazioni di natura economica davvero lontane dal principio della condivisione che troviamo negli Atti degli Apostoli con la descrizione della vita dei primi cristiani in cui tutto era tenuto in comune.

La credibilità di una comunità come quella ecclesiale si può e si deve misurare solo con la reale testimonianza dei principi del Vangelo.

È chiaro che una ridefinizione della struttura e delle funzioni della Chiesa è uno degli elementi che possono impedire l’emergenza documentata del crollo di senso religioso soprattutto tra i giovani.

Considerati i dati sopra riportati evidentemente sia l’insegnamento della religione nelle scuole, sia il catechismo nelle parrocchie non sono all’altezza della sfida che il mondo cattolico ha di fronte.

Occorre allora rivedere tutto il sistema dell’educazione che deve assumere un ruolo fondamentale nella trasmissione della fede cattolica da una generazione all’altra a partire dalla famiglia.

Siamo ora in Italia davanti ad un evento ecclesiale come il Sinodo proposto da papa Francesco che può costituire una spinta decisiva nella direzione del cambiamento.

L’evento deve avere necessariamente una fase propedeutica nelle parrocchie, nelle diocesi e nelle associazioni che al momento ancora non s’intravvede per motivi legati non solo alla pandemia, ma anche alla fragilità di strutture spesso scomparse o solo formali come i consigli pastorali parrocchiali o diocesani.

Il confronto nel cammino sinodale poi non può essere puramente apparente come purtroppo è accaduto in quello sul tema della famiglia, ma deve aprire una stagione di straordinarie opportunità per confrontarsi sulle strutture ecclesiali e sulla forma ed i contenuti di una fede vissuta che non può ridurre il cristianesimo ad un’istituzione gerarchica mummificata né ad estetismi di natura liturgica talora incomprensibili e neppure far prevalere impianti dogmatici, ma riproporre con passione e testimonianza di vita la freschezza del Vangelo perché emerga nelle persone la presenza di un Dio che è già presente in tanti dei loro stili di vita.

Per un tale percorso occorre coinvolgere in modo non formale ma concreto ed attivo uomini e donne che vivono la fede e sono parte di quel popolo di Dio i cui carismi vanno utilizzati tutti uscendo così da recinti istituzionali cristallizzati ed isolati.

Sarà sicuramente una Chiesa in grado di relazionarsi in modo autentico ed efficace con un’epoca in fermento, spesso in crisi, ma che ha un grandissimo bisogno di ricerca di verità e bene.

(Umberto Berardo)

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