In morte di Eugenio Scalfari

Eugenio Scalfari riceve dal Presidente Giovanni Leone il Premio Saint Vincent per il giornalismo nel 1974 (foto archivio Quirinale)

È stato soprattutto un innovatore, un trasformatore del sistema comunicativo, un modernizzatore. Il primo giornalista-manager, astuto e scaltro, che ha legato i suoi nomi al Mondo e all’Espresso negli anni Cinquanta, quindi alla Repubblica negli anni Settanta, diventato una sorta di giornale-partito. E un solido alfiere della cultura laica con radici nel Partito liberale. Il ricordo di Eugenio Scalfari, uno dei principali giornalisti italiani scomparso a 98 anni, non può prescindere da tutto questo. Ma non solo.

Di origini calabresi, diplomato al liceo classico di Sanremo (con Italo Calvino quale compagno di banco), laurea in giurisprudenza, è approdato al giornalismo collaborando nel Ventennio a periodici legati al fascismo.

Operatore di banca in Bnl (licenziato per articoli non graditi sulla Federconsorzi), esperto di temi economici e con elevata competenza finanziaria, dal 1950 genero di Giulio de Benedetti, è stato formato al giornalismo negli ambienti liberali di Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti, con l’imprimatur del suocero. È stato poi radicale, quindi socialista, eletto deputato nel 1968, ruolo che lo ha salvato dal carcere per la querela subita come direttore dell’Espresso nel 1967 per l’inchiesta sul Sifar e sul tentativo di colpo di Stato noto come “Piano Solo”.

Aprirà poi al riformismo di Berlinguer, sarà un fiero oppositore del craxismo e del berlusconismo, non farà mai mancare un ruolo politico al suo quotidiano, di orientamento e di pressione, che per un periodo diventerà il più venduto in Italia, immortalato anche dalle Brigate Rosse nella celebre foto di Moro rapito. Proprio questa ambizione di “educare” l’opinione pubblica con una passione civile spesso sfociata nella supponenza intellettuale sarà oggetto di aspre critiche e forse il rovescio della medaglia comunque di un protagonista della cultura italiana.

Da ricordare, infine, il rapporto pubblico con Papa Francesco. Scalfari, che da sempre si era dichiarato ateo, pubblicò nel 2014 un pezzo su fede e laicità, suscitando la risposta del Papa. Questo rapporto diventerà un libro nel 2019 “Il Dio unico e la società moderna. Incontri con Papa Francesco e il Cardinale Carlo Maria Martini”.

Scalfari, al di là dei giudizi personali, resta un pilastro di un giornalismo con una grande visione politica purtroppo lontano anni luce da quello odierno, fatto per lo più di comparsate televisive e di giornali in profonda crisi, con lettori residuali. Un gigante tra tanti nani.

Domenico Mamone

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