La consegna intergenerazionale

S’intitola “La consegna intergenerazionale l’ultimo lavoro di Sandro Calvani, figlio di una lezione sui beni relazionali promossa dalla Fondazione “Lavoroperlapersona” e tenutasi alla Summer School del giugno 2019.

La lettura del cambiamento epocale che stiamo vivendo è guidata dall’attenzione all’incontro e dialogo tra generazioni: “La speranza che si possa tornare a un tempo di un umanesimo generativo si misura con lo ‘stato di salute’ dell’anello più debole: la capacità di consegna intergenerazionale dei beni comuni globali. Da qui passa l’umanità del XXII secolo”.

L’approccio di base alla questione ha carattere che potremmo definire olistico:

“Le istituzioni e le agenzie educative moderne – dalla scuola elementare fino all’università – sono state progettate per “addestrare” i bambini, i ragazzi, i giovani a vedere e sperimentare il mondo diviso in parti, scollegandole così dall’insieme unificato di natura, comunità e universo al quale in realtà tutti noi apparteniamo. Scienze, arte, storia, letteratura, matematica, musica, ingegneria, filosofia, politica e diritto sono presentati come temi e saperi completamente separati gli uni dagli altri. Così cresciamo da adolescenti ad adulti senza diventare capaci di capire bene in un batter d’occhio che questi modi di osservare il mondo sono in realtà da vedere come profondamente collegati in modo interdipendente e inseparabile. […] È una limitazione della nostra visione che ci impedisce di collegare i fatti attorno a noi, o almeno la conoscenza che abbiamo dei fatti, con la nostra vita reale e soprattutto con la nostra intelligenza emozionale. […] Inoltre, nella civiltà occidentale troppe persone sono state addestrate a disconnettersi dalla saggezza del corpo, dal nostro spirito personale e collettivo, che in alcune parti dell’Occidente addirittura è sparito, o non sappiamo più come sentirlo”.

È lo stesso approccio che permette di rispondere al dubbio sul perché debba capitare – nella gestione delle pratiche sociali così come nella vita quotidiana – che le soluzioni esistano ma non si riesca a metterle in pratica. Esiste un conflitto nascosto nel nostro cervello.

Suggestiva l’immagine che Calvani ricava dal libro The Happiness Hypothesis di Jonathan David Haid“ «il nostro cervello non è di una sola mente: è fatto dall’elefante e dal cavaliere […]  Il cavaliere che guida un grosso elefante è il controllore cosciente: sembra tenere le redini e pensa a lungo termine. Ma spesso pensa o sa troppo; soffre una paralisi dell’analisi». Dall’altro lato «l’elefante è il lato emotivo del nostro cervello: è molto più potente. Spesso decide quale strada percorrere. Offre una gratificazione immediata, a volte a beneficio non solo proprio, ma di molti». Tenendo le redini di qualunque cambio elefantesco nel mondo di oggi, dovremmo percepire e considerare che non c’è una sola mente in quel cambiamento imponente: è fatto allo stesso tempo dall’elefante e dal cavaliere. Per cambiare il comportamento delle comunità in modo efficace e durevole, si devono coinvolgere sia il cavaliere che l’elefante. Tre passaggi principali sono: guidare il cavaliere, motivare l’elefante, mappare il percorso”.

E più avanti: “La mente razionale vuole un corpo atletico da mostrare in spiaggia; la mente emotiva vuole mangiarsi un dolce. La mente razionale vuole cambiare qualcosa al lavoro; la mente emotiva ama il conforto della routine esistente. Questa tensione può condannare e distruggere uno sforzo di cambiamento ma, se viene superata, il cambiamento può arrivare rapidamente”.

Coerentemente con le idee di intreccio, relazione e interconnessione, Calvani si ispira alla biologia per costruire lo schema di studio di sfide e soluzioni, sostituendo alle quattro unità di base che strutturano il DNA umano altrettante tematiche contrassegnate dalle stesse lettere: G, A, T e C, qui intese come “Generatività”, “Adattamento”, “Thrivability”, “Cura della pace”. Ad ognuna di esse è dedicato un capitolo del libro, un agile volume in formato tascabile.

Quella sera di giugno, poche ore prima della lezione alla Summer School, Calvani percorreva in macchina la strada con Luca Alici, che nella prefazione racconta così: “Accoglierlo […] è stato di fatto come aprire di colpo una finestra sul mondo e venire spettinato dai suoi racconti, che erano come un vento mai sentito prima, fatto da tante correnti: l’ampiezza del pianeta, la prorompenza dei cambiamenti, la densità dei vissuti, i profumi di tutte le gemmazioni di ogni latitudine e longitudine, che Sandro conosce e ama condividere”.

(G.C.)

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