
Il male oscuro che attraversa l’Italia incide direttamente nelle coscienze del suo popolo. Intendo riferirmi in primo luogo alla sistematica dissacrazione delle istituzioni, nessuna esclusa: dall’alto del colle sino al fondo marino.
Lo facciamo più delle volte a ragione se pensiamo ai recenti inciuci di alcuni magistrati che puntavano al controllo clientelare e partigiano delle nomine ma così facendo fingiamo di non esserci resi conto che mettiamo insieme, in modo confuso, le istituzioni e quelli che le rappresentano pro-tempore.
In effetti ci sembra che non siamo riusciti a trovare l’antidoto giusto per la separazione netta tra i due aspetti del problema.
Il vulnus dovremmo, semmai, accreditarlo per intero ad un’etica comportamentale dei singoli ma dissociarla a ciò che rappresentano gli apparati statuali.
Per farlo con efficacia occorrerebbe essere molto severi e tempestivi nell’isolare le pecore nere e punirle anche per il danno d’immagine che hanno provocato.
Nessuna solidarietà corporativa dovrebbe essere accettata a tutti i livelli di comando per far capire alle parti coinvolte che ci troviamo al cospetto di istituzioni sane e che devono lasciare intatte la loro rispettabilità e decoro.
Ma da tutto questo deriva un’altra riflessione che è data dalla necessità di farsi carico di decisioni in tempo reale, pur nel rispetto delle tutele degli accusati a difendersi e a rappresentare le proprie ragioni nelle sedi competenti. Oggi i tempi si accorciano rendendoci intolleranti alle attese. Ne evidenziamo i segni ovunque: da chi aspetta alla fermata il bus da prendere, da chi deve fare la fila negli uffici pubblici e privati, da chi deve attendere per una sentenza da passare in giudicato e qui siamo, com’è noto, ai tempi biblici e via di questo passo.
Vi è anche il discorso tra causa ed effetto tra chi delinque e viene arrestato ma poi lo si ritrova a reiterare l’illecito il giorno dopo e nello stesso posto. Vi aggiungiamo quei reati alla proprietà sempre più frequenti e che spesso le vittime li subiscono rinunciando a denunciarli per sfiducia nei confronti del “sistema” ma spesso fanno gridare agli statistici che taluni reati sono diminuiti.
A questo punto non chiediamo al parlamento di legiferare perché vi sono già tantissime leggi ma di renderle operative e soprattutto tempestive offrendo agli addetti ai lavori gli strumenti più idonei per far sentire la presenza dello stato forte e determinata. Nel “gioco” tra guardie e ladri non possono esserci scambi di ruoli nel corso d’opera e talvolta lo stesso “silenzio” si percepisce come complicità.
(Riccardo Alfonso, giornalista molisano a Roma)