La Germania svolta a destra

Il primo dato sulle elezioni in Germania che invita a riflettere è quello della partecipazione al voto: la percentuale dell’82,5% – un’enormità di questi tempi – dimostra come, in una prova storica, il popolo tedesco sia particolarmente sensibile ad incidere nei prossimi scenari politici.

I risultati delle urne indicano complessivamente uno spostamento a destra: quella moderata della Cdu ha trionfato come primo partito, ottenendo il 28,5% e 164 seggi sui 630 totali del Bundestag, il parlamento tedesco, 12 in più rispetto alle precedenti elezioni, a cui si aggiungono i 44 della Csu, il ramo bavarese della Cdu; quella estrema dell’Alternative für Deutschland (Afd) ha raggiunto il 20,8%, pari a 152 seggi, ben 69 più di quanti ne avesse in precedenza.

Gli sconfitti sono i socialdemocratici della Spd, con il cancelliere uscente Olaf Scholz, che si sono fermati al 16,4%, perdendo ben 86 seggi, ora ne hanno soltanto 120. L’unico leader socialista rimasto alla guida di un grande Paese dell’Unione europea è il socialista Sanchez.

Nella sinistra estrema c’è stato un rimescolamento di posizioni: i Verdi hanno ottenuto l’11,6%, perdendo il 3,1%, mentre Die Linke è arrivata all’8,8%, guadagnando il 3,9%.

Fuori dal parlamento, non avendo raggiunto il 5%, l’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw), partito populista contro migranti e vaccini, e i liberali dell’Fdp.

Probabilmente ora la coalizione uscente – socialdemocratici, Verdi e i liberali, tutti sconfitti alle urne – lascerà il posto all’alleanza tra Cdu-Csu e socialdemocratici, che insieme otterrebbero matematicamente la maggioranza assoluta al parlamento, senza il bisogno dei Verdi.

Il risultato, in sostanza, sposterà il baricentro del governo di Berlino nell’area moderata. Non a caso il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, parla di “Ppe vero argine ai populisti”. Ma esulta anche Matteo Salvini che parla di “cambiamento vittorioso in Germania” grazie ai dati dell’Afd. E in fondo anche la Meloni, insieme a tutto il governo, può dirsi soddisfatta di non avere più Scholz come interlocutore a Berlino, ma il nuovo probabile premier Merz, che ha posizioni comuni su molti temi – a cominciare dai migranti – e non ha nascosto negli ultimi mesi la stima nei confronti della premier italiana.

Lo scenario indubbiamente dovrà cambiare, a fronte del dinamismo di Trump e della necessità di rivitalizzare l’Unione europea, di cui la Germania resta l’asse principale. Da queste elezioni uscirà sicuramente un governo più forte e un leader più autorevole, tra l’altro appartenente allo stesso partito in Europa – il Ppe – del presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Il tema in cima all’agenda del nuovo governo sarà sicuramente l’immigrazione collegata alla sicurezza, preoccupazione che ha contribuito a spostare nettamente a destra l’elettorato tedesco. Parallelamente c’è da affrontare una crisi economica che avviluppa la Germania da tempo in recessione. Insomma, le speranze affidate al nuovo leader non sono poche.

(Domenico Mamone)

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